Scrivo per rispondere al genitore Sandro Ceccobelli, che ha lamentato l’invasione della DAD all’interno delle famiglie in questo delicato periodo di sospensione delle attività didattiche.
Sono un insegnante di scuola primaria ma anche mamma di un ragazzino della scuola secondaria di primo grado.
Per cui, capisco benissimo di cosa parla il Sig. Sandro.
In questo periodo i genitori stanno in realtà toccando con mano quello che succede quotidianamente a scuola (la costante difficoltà a trasmettere contenuti, a rendere le lezioni accattivanti ma anche a reagire quando i ragazzini “scarrellano” e vanno fuori dai binari; e poi divertire, interessare, valutare, mantenere la concentrazione costante, e soprattutto: responsabilizzare).
In classe devi responsabilizzare i ragazzini a seguire, prestare attenzione, dare la giusta importanza alle attività proposte; a casa, tocca ai genitori responsabilizzare i figli.
Adesso sono loro che devono tenere le redini: attenzionare i ragazzini affinché seguano il calendario delle lezioni, farli partecipare ad attività educative e didattiche che prima si facevano solo in orario scolastico ecc.
Lavoro non certo facile, anche perché i ragazzini (e i genitori) sono abituati al compito per casa.
Qui non si tratta più del compito, ma di tutto il processo di apprendimento dei concetti base.
Cosa impegnativa alla quale i “non addetti ai lavori” non sono affatto preparati (e nessuno può pretendere che lo siano). I professionisti sono i docenti, non i genitori.
Inoltre succede che i ragazzini, a scuola, accettano di buon grado lo sforzo dell’apprendimento (perché quello è il tempo e lo spazio destinato a tale scopo) mentre a casa si rifiutano, si ribellano dicendoti spesso: “Tu non sei la mia prof!”. Mio figlio lo dice a me che sono insegnante, figurarsi cosa succede nelle altre famiglie!
Ne consegue un impegno pazzesco da parte dei genitori per farsi ascoltare, seguire e quant’altro. Magari molti genitori, sempre fuori per lavoro, ora che si trovano bloccati a casa sono costretti a scontrarsi con una realtà che neanche immaginavano esistesse (“non sapevo fosse così faticoso far sedere mio figlio a studiare: con i compiti per casa non era così” dicono molte mamme; e nel mio caso, si tratta di bimbi di prima elementare!)
Secondo me, quindi, la percezione della Dad come invasiva da parte delle famiglie, deriva proprio da questo immane superlavoro al quale sono costretti i genitori, più che i ragazzini.
Non credo sia tanto tremendo che un insegnante ti chieda di essere presente ad una lezione dal momento che la valutazione degli apprendimenti è obbligatoria e riguarda proprio te, alunno (e genitore indirettamente).
Ma questa cosa viene percepita come un ingerenza, una violenza, una minaccia…come una vera e propria invasione nella vita delle famiglie.
E in realtà lo è!
Perché questo tipo di attività sarebbe da fare a scuola, non a casa.
La casa, che era il luogo dei compiti, adesso è diventato il luogo dell’apprendimento.
Una catastrofe della quale pochi si rendono conto.
In casa, dove studiavi per consolidare; nel silenzio della tua camera, dove potevi sedimentare le conoscenze acquisite, ora devi apprendere…da solo (in barba al cooperative learning) perché se anche partecipi alle videolezioni, il confronto e l’interazione con i compagni non sono mai gli stessi che si realizzano nella classe fisica.
Per cui capisco perfettamente il Sig. Sandro.
Mi creda, però: da docente e mamma le posso dire che si tratta di percezioni amplificate al massimo.
E inviterei anche i colleghi a stare più vicini alle famiglie, parlando direttamente ai genitori, sostenendoli nel compito delicato di guidare i figli al rispetto dei nuovi tempi, consigliandoli in merito alle migliori strategie da adoperare (del resto, nessun genitore ha voglia di stare ad insistere con i figli ogni giorno).
Parlare e scrivere direttamente ai genitori, per far capire che siamo con loro, consapevoli che, a distanza, tutto risulta ingigantito, difficile, insostenibile.
Per una didattica davvero sostenibile e, soprattutto, per un nuovo sodalizio con le famiglie…che possa davvero cambiare la scuola (e il mondo).
Rosella Curinga
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