Fra le modifiche introdotte nel decreto scuola in dirittura d’arrivo ce n’è una di cui si è parlato poco ma che riveste una certa importanza.
Si tratta del comma 3 ter dell’articolo 2 che così recita: “Fino al perdurare dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020, dovuto al diffondersi del virus COVID-19, le modalità e i criteri sulla base dei quali erogare le prestazioni lavorative e gli adempimenti connessi resi dal personale docente del comparto ‘Istruzione e ricerca’, nella modalità a distanza, sono regolati mediante un apposito accordo contrattuale collettivo integrativo stipulato con le associazioni sindacali rappresentative sul piano nazionale…. Dall’attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.
Nel concreto questo significa che se la didattica a distanza dovesse proseguire anche nei primi mesi del prossimo anno scolastico (fatto peraltro non del tutto improbabile) sarà necessario che Ministero e sindacati sottoscrivano un apposito contratto per regolamentare la materia.
La disposizione di legge prevede tuttavia che il contratto sia necessario solo in relazione al “perdurare dello stato di emergenza” che, attualmente, dovrebbe scadere a fine luglio (non è da escludere però che tale condizione venga prorogata nelle prossime settimane).
Va ancora detto che la norma sottolinea chiaramente che il contratto integrativo dovrà comunque essere a “costo zero”, cioè non ci saranno finanziamenti aggiuntivi. Questo non esclude però che sindacati e Ministero si accordino per usare una parte del fondo del MOF che serve a retribuire le attività aggiuntive e progettuali svolte dai docenti.
In ogni caso, per il momento, i sindacati non hanno ancora chiesto al Ministero di aprire il confronto nonostante che in tutti questi mesi abbiano ripetuto più volte che la didattica a distanza si può fare ma all’interno di un quadro normativo e contrattuale ben definito.
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