I lettori ci scrivono

Didattica a distanza e realtà aumentata, tra costruttivismo e problematicismo

In questa contingenza difficile, ogni giorno, il lavoro dei docenti e di tutta la comunità educante, le molteplici iniziative consentono ai ragazzi di continuare il loro apprendimento, le loro pratiche e di accompagnare i nuclei familiari nel monitoraggio dei propri figli.

Internet, tablet, pc, stampanti, lavagne multimediali, AR (augmented reality, come viene chiamata la realtà aumentata), immagini tridimensionali, navigatori satellitari, 5G: scuotono “ab imis” la didattica tradizionale e suscitano qualche perplessità in quella parte del mondo della Scuola ancora legato ad una pedagogia tradizionale, stile novecento, in cui ha prevalso la lavagna di ardesia, i gessetti e l’uso di tanta carta. Ma già alcuni strumenti informatici, come si è notato durante la chiusura delle aule, a seguito della diffusione del contagio del coronavirus, sono entrati, in parte massicciamente ed in parte timidamente, a soccorrere la scuola nelle sue funzioni principali di trasmissione del sapere. Nonostante molta cautela e parecchie limitazioni, alcuni di questi mezzi hanno supportato una Scuola che altrimenti avrebbe interrotto in blocco ogni sua attività, consentendo la progressione degli studi agli alunni. Le tecnologie hanno permesso di mantenere in piedi l’ossatura della Scuola collegando Ministero, dirigenti scolastici, professori, studenti e genitori.

Ora però c’è da valutare il proseguimento di questa esperienza alla luce di tutti i principi e gli obiettivi socio-psico-pedagogici e scientifici che connotano la cultura italiana.

Magari ci fosse un’accelerazione nell’aggiornamento delle dotazioni che comprendesse l’uso nella scuola dellaAR (augmentedreality , ovvero la realtà aumentata), che arricchisce la vista con altre immagini e note informative che si sovrappongono a quello che già vedono gli occhi; l’AR molto piacevole ed istruttiva allo stesso tempo, motiverebbe in maniera esponenziale gli allievi nella scoperta di contenuti nuovi ed allargherebbe, in termini di libertà, la possibilità di costruirsi la propria cultura.

Così, da un mese all’altro, si comincia a discutere della possibilità di reiterare alcune funzioni tecnologiche dell’istruzione a distanza per accompagnare la didattica tradizionale delle scuole in alcuni momenti dell’anno scolastico. Una prima valutazione psico-pedagogica sembrerebbe avallare l’ipotesi di una scuola supportata dalla tecnologia-virtuale che non si separa dalla metodologia costruttivistica.  L’allievo costruisce con i nuovi strumenti informatici, più agevolmente, il suo sapere senza farsi sopraffare da essi nella misura in cui i docenti riusciranno ad assicurargli una piena partecipazione alla vita familiare, scolastica e sociale.

L’istruzione a distanza consente di passare dalla centralità del docente alla centralità dell’allievo che legge, esplora e costruisce il suo sapere; egli, attraverso l’interpretazione personale, organizza ciò che gli viene suggerito da più fonti e soprattutto costruisce il suo sapere alla luce delle sue capacità psicofisiche come prefigurato dalla teoria epistemologico-genetica di Jean Piaget. Ma la dimensione costruttivistica in cui si posiziona l’allievo emerge chiaramente anche a proposito della maggiore libertà di gestire la sua istruzione, sebbene a distanza. La funzione telematica del pc integra ed accresce il linguaggio tanto quanto l’istruzione frontale, contribuendo ampiamente a fornire un patrimonio di idee che vengono gestite, edulcorate e maturate nel sociale  – ed oggi sui social – secondo lo psicologo Lev Semënovič Vygotskij, che non poteva prevedere, al tempo, quest’ultima realtà del social.

L’attività percettiva dell’allievo viene ampiamente stimolata dall’istruzione a distanza ed oggi è destinata a subire un’influenza di demolizione e/o di rafforzamento dall’implementazione delle altre tecnologie informatiche quale “la realtà aumentata”, che potrebbe a buon fine essere implementata nell’istruzione a distanza con una modesta tecnologica supplementare. La percezione delle informazioni viene comunque rapportata al contesto ambientale, come ha ben sottolineato lo psicologo Jerome Bruner quando parla dell’influenza dei fattori socio-ambientali sul processo percettivo dell’allievo. La tecnologia della realtà aumentata, oggi abbastanza perfezionata, anticipa e fornisce una serie di dati sull’ambiente, sia esso naturale od artificiale  che permettono al soggetto di decidere con maggiori informazioni preliminari un percorso da intraprendere tempestivamente, sia sul piano esplorativo che sul piano decisionale. Adoperando la realtà aumentata, l’attenzione dell’allievo viene appagata per effetto del soddisfacimento precoce di tutte le possibili curiosità incontrate nel percorso esplorativo-apprenditivo a distanza. Verrebbe soddisfatta una visione strutturata delle informazioni telematiche attraverso la verifica della realtà aumentata alla stregua di quel contatto materiale, tanto invocato nella pedagogia di Maria Montessori, ai fini dello sviluppo logico. Integrando la tecnologia della realtà aumentata con l’istruzione a distanza potremmo in un certo senso meglio relativizzare il pensiero come forse avrebbe auspicato lo psicologo e filosofo austriaco Paul Watzlawick.

L’istruzione a distanza pura e semplice o rafforzata da una qualsiasi tecnologia multimediale a realtà aumentata, è sempre e comunque uno stimolo per le idee ed una fonte di contenuti invasivi a livello cognitivo per l’allievo, quindi costituisce una base concettuale, prodotta da una forte esperienza di informazioni veicolate dalla Scuola, sulla quale l’allievo può costruire – si potrebbe dire è costretto a costruire – in quanto non ha alternative – le sue future esperienze, come direbbe il filosofo cibernetico Ernst von Glaserfeld , autore di una “teoria del costruttivismo radicale”. La Scuola in questo caso, anche se a distanza, ha sempre e comunque la responsabilità di porre nell’allievo le fondamenta del futuro edificio psicologico-operativo del soggetto adulto, che andranno a condizionare i rapporti tra conoscenza e verità, comunicazione e comprensione.

La “costruzione” dell’edificio culturale dell’allievo può iniziare anche dalle mappe cognitive ricevute attraverso l’istruzione a distanza, così pure l’interpretazione della realtà ed i suggerimenti per orientarsi, ma non è possibile che in tutti i casi l’allievo giunga ad un’interpretazione precisa dei dati oggettivi che compongono la realtà esterna come obietterebbe lo Psicologo George Kelly. L’istruzione a distanza, se organizzata in maniera premiale, cioè in funzione del raggiungimento di un punteggio premio, potrebbe essere maggiormente accattivante. In fatti lo psicologo Edward Lee Thorndike, nelle sue teorie sull’apprendimento, afferma che la motivazione ad apprendere aumenta in vista del raggiungimento di risultati gratificanti.

L’insegnamento a distanza va sempre organizzato in sequenze logiche che permettono di notare il collegamento con le informazioni preesistenti e soprattutto con le precedenti informazioni più significative; questo consente di rendere la metodologia meno meccanica e meno nozionistica. Tale impianto metodologico corrisponde in effetti alla teoria cognitivistica degli “organizzatori avanzati”, sviluppata dallo psicologo David Paul Ausubel.

Un’altra fonte di riferimento per giudicare positivamente l’istruzione a distanza possono essere gli scritti del filosofo statunitense Nelson Goodman. Egli crede in un’utile attività conoscitiva a livello teorico-costruttivo rispetto alla dimensione osservativa-fattuale e considera la matematica un importante “apparato strumentale” che favorisce l’attività teorico-costruttiva.

Infine, tra tanti, il professore statunitense Joseph D. Novak rappresenta una pietra miliare a sostegno dell’insegnamento informatico, perché egli propone l’utilizzo di mappe concettuali, che riflettono la struttura gerarchico-associativa esistente tra i concetti elaborati dalla mente umana: proprio quelle mappe concettuali computerizzate usate nell’ultimo decennio dai nostri studenti liceali quando si preparano a sostenere l’esame di Stato.

Andrea Canonico

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