Eccoci ad un’altra settimana.
Vorrei dialogare virtualmente “a distanza”, come si dice oggi, con questa domanda:
“Allora, dopo tante giornate in casa, chi lavorando, chi studiando e chi bighellonando: come sta andando? Insomma, come siamo con questa convivenza forzata? Stiamo riscoprendo l’intrinseco valore terapeutico della relazione, delle relazioni, anzitutto famigliari? O la consuetudine, forse addirittura narcisistica, della società odierna, ha preso pieno possesso del nostro ego, tanto da crearci problemi con i nostri cari, vista la quasi reclusione di questo mese?”.
Come vedete una “distanza” che non è distante.
Le giornate stanno “passando” in modi diversi, nelle nostre case.
Per i ragazzi e i docenti, pur tra non poche difficoltà, in alcuni casi, la scuola sta rivivendo e ripensando un modo nuovo di essere. Che non potrà mai sostituire od azzerare il rapporto vivo e diretto, ma di questi tempi va bene anche questo.
Nelle diverse classi virtuali, favoriti, nella maggior parte dei casi, dalla possibilità di vedersi e parlarsi, si sta tessendo una nuova “tessitura” relazionale.
Ricordo che tessitura deriva da “textus”, da “tessere”, che è costruire una tela.
Il “testo” di questa tessitura sono, cioè, le nostre relazioni.
Ma, “passando attraverso” queste relazioni, poi ciascuno è chiamato ad “andare oltre”, pensando ed immaginando ed emozionandosi e ripensando, anche queste relazioni: è lo specifico dell’atto culturale, di una cultura che è pensiero vivo, al di là del contesto difficile. E un pensiero vivo è quello che si apre alle domande universali, come un’aquila che si alza e lancia i suoi sguardi dall’alto, cercando di seguire passo passo i segni, i destini, gli ipotetici saperi. In vista di che? Di un “prendersi carico” delle grandi come delle piccole cose. Si chiama “etica della responsabilità personale e sociale”.
Non sta emozionando e sorprendendo anche voi la carica di solidarietà che si respira in queste giornate?
Quante tessiture, quante tele noi cerchiamo di costruire ogni giorno, e poi, magari, costretti dagli eventi (come questo coronavirus), a disfare ciò che pensavamo di avere fatto, e fatto bene!
Con questa tessitura pensavamo, pensiamo di vedere, di catturare, di costruire, di riconoscere (verbi diversi per dire modi diversi di dire i nostri punti di vista) la realtà, la verità di noi stessi e delle cose della vita.
Tutte queste parole per dire l’esperienza della vita. E tutto è e fa esperienza, cioè pensiero pensante, aperto, non timoroso.
Un augurio a tutti di fare tesoro anche di queste criticità perché ci aiutino ad apprezzare bene e meglio le tante opportunità ma anche i limiti che le vicende della vita ci propongono e ci impongono.
Per essere sempre vigili, ed onesti con noi stessi e con tutti.