Con la nostra campagna “La Tecnica per la Scuola” stiamo cercando di raccontare a tutti che essere insegnanti ai tempi del COVID19 non è facile (si lavora tanto, molto di più di quanto si possa credere) anche se gli aspetti positivi non mancano.
Ne parliamo con Chiara Centola, una giovane maestra di scuola primaria, laureata in scienze della formazione primaria e assunta quest’anno attraverso la MAD.
Da settembre Chiara insegna in una classe quinta di 20 alunni nella scuola di Volpiano, una cittadina della periferia torinese.
Come si svolge una sua giornata tipo?
Per la verità le giornate sono piuttosto diverse l’una dall’altra, anche se alcune costanti ci sono.
Il nostro team (siamo 4 docenti) in accordo con le famiglie ha deciso di incontrare gli alunni tutti i pomeriggi per un paio d’ore, a partire dalle 14. Io svolgo le mie “lezioni” (italiano, storia e geografia) per tre pomeriggi, mentre un altro collega che si occupa dell’area matematica e scientifica incontra i bambini negli altri due pomeriggi.
Il lunedì mattina c’è una riunione del team per organizzare e programmare le attività della settimana.
Terminata la riunione mi metto al lavoro per preparare i materiali per il pomeriggio.
Insomma ci sono orari abbastanza impegnativi…
Direi di sì: il venerdì mattina, per esempio, c’è un’altra riunione per fare il punto sull’attività svolta durante la settimana.
E poi molto spesso, dalle 17 in avanti partecipo a webinar e corsi di formazione per perfezionare le mie conoscenze sugli strumenti digitali. Ma il contatto con i colleghi del team è continuo, ci telefoniamo e ci inviamo messaggi quasi in continuazione.
Da quanto lei racconta, si lavora con gli alunni ma anche fra insegnanti
Proprio così, ed è l’aspetto più interessante di questa esperienza: si è creato uno scambio generazionale davvero importante e molto produttivo
Mi spiego: noi insegnanti più giovani, almeno tendenzialmente, abbiamo maggiori conoscenze delle tecnologie mentre quelli meno giovani possiedono certamente maggiori esperienze e competenze didattiche più ampie.
Ed è proprio grazie a questo scambio che riusciamo a gestire al meglio le situazioni che dobbiamo fronteggiare.
Come vive l’incontro a distanza con i bambini?
E’ sempre bello ed emozionante, prima di iniziare la lezione vera e propria dedichiamo qualche minuto a salutarci, cercando di ripartire dal “dove eravamo rimasti”.
Prova imbarazzo ad “entrare” nelle case dei suoi alunni?
No, per me non è imbarazzante, anzi mi serve molto per capire meglio ogni alunno: vedere direttamente le condizioni in cui ciascun alunno opera mi aiuta a formarmi un giudizio più completo.
C’è chi si collega dalla sua scrivania nella cameretta, chi dalla cucina e chi dalla camera dei genitori e questi particolari mi danno modo di comprendere molte cose.
Ci sono stati o ci sono momenti di sconforto? Le è mai capitato di dire a se stessa: “E’ troppo difficile, non ce la faccio” ?
Probabilmente io sono positiva per carattere, ma non mi è mai capitato di dire a me stessa “non ce la posso fare”; certo ci sono stati momenti difficili legati soprattutto alla tipologia degli strumenti utilizzati: nella nostra scuola abbiamo iniziato in modo piuttosto libero e poco per volta abbiamo deciso di lavorare tutti con la stessa piattaforma, questo ovviamente ha comportato la necessità di riorganizzarsi e, soprattutto, di aiutare le famiglie a cambiare il modo di connettersi. Ma tutto sommato, grazie anche al confronto con gli altri colleghi, ce l’ho fatta.
Diciamo allora che è stato difficile ma anche gratificante…
Proprio così. Stiamo lavorando tutti per fornire ai bambini e alle famiglie un’assistenza senza precedenti, individualizzata per tutte le necessità e finalizzata alla garantire l’inclusione
Certamente ci sono momenti di stanchezza, ma a conti fatti mi considero fortunata: in questo momento ci sono persone in grave difficoltà, spaesate e prive di punti di riferimento.
Alla fin fine io continuo a parlare con i miei alunni, con i genitori e con altri colleghi, si tratta comunque di una esperienza dalla quale sto imparando molto.