Didattica a distanza: difficoltà, impedimenti, gioie e dolori di una metodologia di fronte alla quale tanti docenti si stanno spendendo e pure mettendosi in gioco, alla ricerca dei migliori risultati per i propri alunni e magari sacrificando troppo del tempo per se stessi e quindi pure quello da dedicare alla famiglia e ai propri cari.
Come stiamo illustrando con la nostra iniziativa “La Tecnica per la Scuola“, gran parte dei docenti sta dando il meglio di sé per completare, ma anche per iniziare relativamente alle prime classi, un processo educativo i cui esiti restituiscono poi le uniche soddisfazioni di cui un insegnante può gioire. Soddisfazioni simili, forse, a quelle dell’artista di fronte all’opera compiuta.
E allora nel tentativo di capire meglio come si stanno trovando i docenti di fronte a questa nuova forma di didattica, imposta dalle condizioni di isolamento dettata dal virus, che tanti lutti sta causando, abbiamo chiesto alla professoressa Rita Curcio del Liceo scientifico di Genzano di Roma come si sta trovando e come sta implementando la didattica a distanza, e se nello stesso tempo ha trovato difficoltà non solo nell’uso delle nuove tecnologie ma anche nel rapporto coi suoi alunni.
“Un del tutto nuovo modo di fare lezione”, esordisce la prof, “ma l’unico possibile per non lasciare i ragazzi al loro destino. E la scuola non può permetterlo”.
Sicuramente, le difficoltà iniziali sono state quelle relative all’uso dell’informatica, ci dice, nonostante i corsi di aggiornamento seguiti ancora prima di questa emergenza che fra l’altro, oltre a coglierci alla sprovvista, ci ha costretto all’inizio a improvvisare, a darci una mano fra di noi, a confrontarci per trovare la strategie didattiche migliori per continuare nel programma e per diplomare al meglio i ragazzi.
Ma ci dice pure che finora quasi tutti i suoi alunni, di utenza medio-alta, hanno dimostrato maturità e partecipazione, tranne qualche caso isolato che, non disponendo di linea, è costretto a chiedere ai compagni e da loro, attraverso WhatsApp o telefonicamente, avere i supporti utili per non rimanere del tutto indietro.
Altra difficoltà, dice la prof Curcio, i diversi supporti tecnici usati: da Zoom a Google Classroom, mentre occorrerebbe un’unica piattaforma in modo che, passando da una classe all’altra ci sia una sorta di continuità, invece di riprendere tutto d’accapo col mutare dei colleghi e degli alunni.
Ma è stato pure giocoforza rivoluzionare “i metodi di valutazione che ora tendono a puntare più su quella formativa che sommativa, anche se le interrogazioni e le verifiche scritte si svolgono regolarmente, coi voti e giudizi. Ma valuto pure l’assiduità, la partecipazione, la costanza, l’impegno, gli interventi nel corso dei collegamenti”.
“Tuttavia voglio dire”, continua la prof mutando tono di voce, ”non siamo eroi, così come qualcuno mormora. Facciamo solamente il nostro dovere, quello che la nostra professionalità, la nostra esperienza e la nostra coscienza di educatori ci suggeriscono. Nulla di più. Perché se dovessi mettere in conto il tempo che impiego, non già durante le ore in connessione coi ragazzi, ma quelle che le precedono, quelle per preparare le interrogazioni e le prove scritte, gli argomenti da affrontare e come affrontali, con i disturbi inevitabili della rete e i volti lontani dei ragazzi che attendono sicurezze e comprensione dietro uno schermo, allora forse qualche merito ce lo dovrebbero dare. Più di qualcuno e più di un semplice elogio”.
“In ogni caso, quello che manca”, dice ancora la prof Curcio, che ha due quinte da portare agli esami di stato,” è il contatto diretto coi ragazzi. Sentire gli odori dei loro volti, percepirne le ansie e le gioie, gli interrogativi e le certezze. Ecco, questo è ciò che manca e che nessuna didattica a distanza, nemmeno con le migliori piattaforme e le migliori tecnologie potranno mai restituire”.
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