“Un Pc non ti salva la vita, un respiratore sì”, è l’invito che tanti docenti, supportati da comitati e associazioni, stanno sottoscrivendo affinché gli 85 milioni di euro stanziati per l’istruzione distanza tramite l’articolo 120 del D.L. Cura Italia, vengano dirottati per comprare i presidi medici utili a salvare tante vite umane colpite dal famigerato Covid-19: il virus che da qualche mese sta imperversando in Italia, per lo più impreparata, anche a causa dei tanti tagli alla sanità, ad affrontare una emergenza così tumultuosa.
“Siamo insegnanti che si ritrovano a vivere ed affrontare delle difficoltà, ma consapevoli che ci sono dei professionisti che stanno affrontando difficoltà ben più grandi delle nostre, che sono dentro l’emergenza, che rischiano la loro vita, senza mezzi di protezione adeguati: medici, infermieri, Oss, e tutto il personale che lavora nelle strutture sanitarie. Per questo ci indigniamo quando leggiamo che il governo ha deciso stanziare fondi per la didattica a distanza. No signori, non in questo momento…ora ci sono altre priorità, noi chiediamo che quei soldi vengano destinati alla sanità… per il bene di tutti!”.
Questo è il tenore di una delle tante e-mail e lettere che arrivano alla redazione del nostro portale che le sta raccogliendo, mentre decine di migliaia di lettori e centinaia di commenti stanno sostenendo tale ipotesi, sulla piattaforma facebook del sito internet.
Ma non solo, anche sui social si leggono appelli simili: ”Se devo scegliere se utilizzare 85 milioni di euro per acquistare computer o tablet da distribuire alle scuole per tentare (perché di tentativo si tratta) di garantire la Didattica a Distanza, o acquistare respiratori, tamponi, tute sterili o mascherine, preferisco di gran lunga la seconda opzione. Perché un PC non ti salva la vita, un respiratore sì”.
L’articolo 120 ‘Piattaforme per la didattica distanza del decreto’ del decreto del 17 marzo stabilisce che 10 milioni di euro serviranno alle scuole per “dotarsi immediatamente di piattaforme e di strumenti digitali utili per l’apprendimento a distanza, o di potenziare quelli già in dotazione, nel rispetto dei criteri di accessibilità per le persone con disabilità”; altri 70 milioni di euro serviranno per “mettere a disposizione degli studenti meno abbienti, in comodato d’uso, dispositivi digitali individuali per la fruizione delle piattaforme” e “per la necessaria connettività di rete”; 5 milioni di euro, infine, serviranno a “formare il personale scolastico sulle metodologie e le tecniche per la didattica a distanza”.
Il problema è che gli strumenti informatici e l’aggiornamento del personale servono ora, e comunque entro le prossime settimane. Perché, è ormai più che evidente che le scuole rimarranno chiuse anche oltre il 3 aprile: nella speranza che si possa ritornare in classe dopo Pasqua, l’ipotesi più accredita fa slittare infatti la ripresa delle lezioni in presenza ai primi di maggio, quando ormai, con tutta la buona volontà possibile del corpo insegnanti, ogni tentativo di recupero dei contenuti didattici perduti sarà pressoché impossibile.
Diversi osservatori sostengono però che siamo in Italia: quindi i tempi per l’acquisto dei materiali informatici da devolvere agli alunni non abbienti, nonché per l’acquisto e l’installazione di piattaforme per la didattica a distanza, oltre che per la formazione del personale scolastico, saranno inevitabilmente lunghi. Per cui perfino la finalità formativa si perderebbe nei meandri delle attese.
E in ogni caso, ritengono prioritario il fatto che i finanziamenti dello Stato siano convogliati sul sostegno della sanità pubblica nazionale.
Su questa posizione si è schierato il Coordinamento Scuole Viterbo, secondo il quale gli sforzi della macchina pubblica dovrebbero essere utilizzati proprio per acquistare “mascherine, disinfettanti, respiratori e tutto quello che può servire ad allestire camere di terapia intensiva di cui ultimamente si ha un bisogno vitale”.
E la posizione è stata raccolta anche da altre associazioni, come Scuole Bene Comune e i Partigiani della Scuola Pubblica.
A questo fine, viene pure ricordato che il diritto alla salute, previsto dall’articolo 32 della Costituzione, viene prima da quello del diritto allo studio, sancito dall’articolo 34 della stessa Carta Costituzionale.
Partendo da tale assunto, oltre agli appelli della Protezione Civile, affinché chi può devolva fondi a suo favore, è diventato pressante l’invito di tanti addetti ai lavori di stornare quei milioni per la scuola alla sanità, che fra l’altro, seppure con mille difficoltà, sta dando il meglio di sé.
Occorre però anche segnalare che Save the Children fa un appello opposto: quello di attivare immediatamente la distribuzione dei “dispositivi digitali individuali come i tablet, oltre che attrezzare le scuole e formare i docenti”, considerato che l’organizzazione umanitaria sta ricevendo “segnalazioni di bambini e ragazzi italiani disconnessi perché non hanno un tablet o un pc disponibile” essendo “in povertà assoluta, una condizione che riguarda più di 1 famiglia con minori su 10, mentre il 14% delle famiglie vive in una situazione di relativa povertà e il 27% rischia di finire in povertà se dovesse perdere tre mesi consecutivi di stipendio”.
Il messaggio è chiaro: questi bambini e ragazzi hanno bisogno ora, comunque entro i primi giorni di aprile, dei device previsti dal ministero dell’Istruzione e accordati dal Governo.
Fargli arrivare il dispositivo informatico a maggio inoltrato o a scuola finita, avrebbe un senso solo in vista del prossimo anno scolastico, quindi da settembre in poi. Ma non, di certo, per agevolare la didattica a distanza dell’anno in corso, il più martoriato dopo il 1945. Ecco, perchè bisogna fare in fretta.
La ministra Lucia Azzolina, dal canto suo, ha promesso che firmerà “a giorni il decreto con cui andremo utilizzare gli 85 milioni di euro stanziati dal Governo per sostenere la didattica a distanza e arrivare a chi non ha gli strumenti digitali”.
E’ bene che quei giorni siano pochi, come quelli che le scuole, tramite i dirigenti, dovranno metterci per assegnare gli acquisti da fare, “tenuto conto – si legge nell’art. 120 del D.L. Cura Italia – della distribuzione per reddito nella relativa regione e del numero di studenti di ciascuna”.
Alla luce delle posizioni opposte rappresentate qui sopra, sul destino degli 85 milioni di euro destinati alla didattica a distanza piuttosto che alla sanità, La Tecnica della scuola, chiede ai lettori di dare il loro parere sull’argomento e votare il sondaggio sulla pagina Facebook.
La domanda posta è: “Sei d’accordo a dare alla sanità gli 85 milioni di euro della Didattica a distanza, stanziati con il D.L. “Cura Italia”, per acquistare mascherine e respiratori?“. Ora la parola passa ai lettori.
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