Attualità

Il docente non firma il registro elettronico: sospeso per 30 giorni. I Cobas fanno ricorso

Si fa un gran parlare del reato che un docente commetterebbe nel firmare il registro elettronico da casa in regime di didattica distanza (reato che secondo l’analisi della Tecnica della Scuola è pressoché inesistente poiché non vi sarebbero i presupposti per additare ai docenti “la volontà e la consapevolezza di dichiarare il falso”). Molto meno, invece, si parla degli insegnanti che si rifiutano registrare la presenza giornaliera su piattaforma on line dell’avvenuta didattica (in questo periodo on line), pur in presenza di delibere collegiali. Un diniego che non riguarda, peraltro, solo l’emergenza, e che in altri casi, come ad inizio anno scolastico, ha prodotto l’avvio di procedimenti disciplinari con tanto di giorni di sospensione dal servizio.

Il maestro che vuole tutelare la privacy degli alunni

Tornando ai nostri giorni, riceviamo dai Cobas Scuola Sardegna la denuncia a seguito della sospensione di un loro militante collega maestro, Andrea Scano, che è anche Rsu nell’Istituto Comprensivo “Colombo” di Cagliari: il maestro è stato recentemente sospeso dall’insegnamento per trenta giorni, a seguito del suo rifiuto di utilizzare il registro elettronico per tutelare della privacy degli alunni.

Nicola Giua, dei Cobas Scuola sardi, contesta quanto accaduto, prima di tutto perché dice che sulla materia, la firma del registro elettronico da scuola, “non esiste una legge che imponga l’utilizzo del registro elettronico. Esistono invece diverse norme volte a proteggere i dati (soprattutto dei minori), e troppo spesso queste norme vengono disattese. L’insegnante – continua il sindacato di base – ha posto per iscritto in maniera dettagliata tali criticità ma, nel merito, non ha mai ricevuto risposta”.

Il precedente con gli scrutini on line

Non era la prima volta che il maestro si rifiutava di utilizzare il computer, anche perchè obbligato ad utilizzare tecnologie private e non messe a disposizione dalla scuola.

“Nel marzo 2019”, ricorda ancora Giua, il maestro Scano “aveva già subito un primo procedimento disciplinare da parte della dirigente scolastica dell’Istituto Comprensivo “Colombo” di Cagliari, conclusosi con la sanzione del “richiamo scritto”, per un’analoga vicenda che riguardava il non utilizzo degli scrutini on line su una piattaforma privata e successivamente (giugno 2019), l’insegnante, con un secondo procedimento disciplinare, è stato sospeso per tre giorni (sempre dalla dirigenza scolastica), perché ha contestato l’uso del registro elettronico (gestito da una società privata), nel quale avrebbe dovuto inserire i dati dei propri alunni”.

Il docente, dopo aver rivendicato “fin dall’inizio dell’anno scolastico” di “poter utilizzare il registro cartaceo, senza ottenere alcuna risposta”, ha portata avanti la sua battaglia sostenendo che gli scrutini debbano essere “un momento di sereno confronto tra colleghi e non un mero atto formale da svolgere in pochi minuti, così come accaduto sempre più spesso negli ultimi anni in tantissime Istituzioni Scolastiche”.

Il terzo e quarto provvedimento

Alla fine di agosto 2019, l’Ufficio Provvedimenti Disciplinari dell’Usr Sardegna (Upd di Cagliari) ha deciso attivare un terzo procedimento disciplinare e, al termine dell’istruttoria, di sospenderlo dall’insegnamento per altri undici giorni.

Adesso l’Ufficio Provvedimenti Disciplinari dell’USR Sardegna (Upd di Cagliari), presieduto dal nuovo dirigente, ha deciso di rincarare la dose (con un quarto procedimento disciplinare in dieci mesi), attribuendogli ulteriori trenta giorni di sospensione dall’insegnamento (con relativa trattenuta sullo stipendio).

“Anche in questo quarto provvedimento – sottolinea il sindacalista – l’Upd non ha avuto niente da obiettare rispetto alle articolate motivazioni del collega: mai queste osservazioni vengono analizzate nel merito né giudicate errate. Questo atteggiamento dell’amministrazione appare assurdo e ingiusto”.

In tutto 44 giorni di stop

Al docente, “quindi, in 10 mesi sono stati comminati ben quarantaquattro giorni di sospensione dall’insegnamento.

Per il i Cobas Scuola, tuttavia, “la richiesta del maestro non nasce da un capriccio né da una insana passione per il “caro, vecchio cartaceo” ma da considerazioni molto solide riguardanti la protezione dei dati (sensibili e non) dei giovani studenti. Questa protezione, ad oggi, non è garantita con l’uso del registro elettronico, e infatti da anni lo stesso “Garante per la privacy” ha scritto a chiare lettere che “auspica l’adozione di adeguate misure di sicurezza a protezione dei dati”.

“Infatti, tutta la vicenda – registro elettronico nasce con una legge del 2012 che però prevedeva anche un “piano sulla dematerializzazione” che il ministero dell’istruzione non ha mai compiutamente prodotto. Tale piano non sarebbe un accessorio secondario perché lo strumento elettronico, oltre ad essere spesso lento, inadeguato e poco performante, non dà garanzie sufficienti riguardo alla protezione dei dati dei minori”.

“Tali problematiche sono drammaticamente attuali proprio in questo periodo di emergenza nel quale per incentivare e cercare di imporre la cosiddetta Didattica a Distanza si sta facendo scempio di qualsiasi tutela della privacy e del trattamento dei dati e, quindi, delle norme vigenti”.

Le sentenze

“Proprio di recente – continua Giua – c’è stata una importante sentenza della Corte di Cassazione (n. 47241 del 21 novembre 2019) che, in un processo penale che trattava di falsità in atti, riguardo al “piano di dematerializzazione”, ha stabilito con chiarezza che “detto piano non risulta essere stato predisposto, vanificando di fatto il processo normativo e, dunque, rendendo non obbligatorio l’utilizzo del registro e pagelle elettroniche””.

Per il sindacalista, quindi, è a dir poco contestabile che “dopo aver già inflitto 14 giorni di sospensione al collega, l’amministrazione scolastica prosegua nel miope tentativo di cancellare l’esistenza di un problema commina altri 30 giorni di sospensione per punire il collega e intimidire chiunque voglia sollevarlo in altre scuole”.

Il coinvolgimento del Garante

Per saperne di più, il maestro Scano ha anche inviato una  segnalazione al Garante della privacy, per chiedere chiarimenti in proposito”.

E l’ufficio del Garante sulla base della segnalazione di Andrea Scano ha inviato alla dirigente scolastica dell’Istituto Comprensivo “Colombo” di Cagliari una articolata richiesta di informazioni ai sensi dell’art. 157 del Codice in materia di protezione dei dati personali, d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 e siamo in attesa delle determinazioni dello stesso ufficio”.

In tale nota ‘ufficio del garante afferma che “in merito alla tematica relativa all’utilizzo del registro elettronico, si rappresenta inoltre che, secondo quanto previsto dall’art. 7, commi 27 e 31 del d.l. 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni in legge 7 agosto 2012, n. 135, a decorrere dall’anno scolastico 2012-2013 le istituzioni scolastiche e i docenti adottano registri on line e inviano le comunicazioni agli alunni e alle famiglie in formato elettronico. A tal fine il Ministero dell’Istruzione avrebbe dovuto predisporre un “Piano per la dematerializzazione delle procedure amministrative in materia di istruzione, università e ricerca e dei rapporti con le comunità dei docenti, del personale, studenti e famiglie” che non risulta, a tutt’oggi, adottato”.

Ricorsi in arrivo

I Cobas Scuola Sardegna annunciano che nei prossimi “giorni il maestro Andrea Scano”, patrocinato dal sindacato, “presenterà formale ricorso al Giudice del Lavoro per le ingiuste sanzioni subite su un tema che riguarda da un lato la tutela dei dati dei minori, dall’altro la dignità professionale degli insegnanti, e valuterà di proporre eventuali altre azioni legali a tutela propria e dei propri alunni”.

Il sindacato sardo, infine, sta valutando “altre iniziative di solidarietà e vicinanza al collega Andrea Scano (dopo il partecipato sit in di Cagliari di alcuni mesi fa), per protestare contro la prepotenza e l’accanimento dell’amministrazione scolastica la quale non vuole ammettere di essere in torto anche perchè teme, probabilmente, che altre/i insegnanti possano seguire il suo esempio”.

Alessandro Giuliani

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