Sono una docente, già Master Teacher, Animatore Digitale. Ho aperto a tutte le classi la Piattaforma EDMODO il giorno 4 marzo, prima del Decreto ufficiale. Lavoro e credo nel mio lavoro. Mi impegno molto. Non sono sindacalizzata, in 33 anni di carriera raramente ho partecipato a uno sciopero.
Credo nell’urgenza della trasformazione della didattica e che l’uso delle TIC non possa prescindere dal cambiamento delle vetuste, tradizionali metodologie di insegnamento.
Abbiamo visto tutti il caos nelle scuole: l’impegno profuso da tutti non si discute, anche perché siamo chiusi in casa, a dirla tutta.
In tempi così brevi mi è sembrata una cosa molto professionale, seria e tempestiva da parte del Ministero la realizzazione di un Monitoraggio sulla DAD per raccogliere le esperienze, le opportunità e le criticità rilevate nell’impresa ardua e affannosa di fare scuola da casa.
Presa visione del questionario mi sono cadute le braccia: un misero modulo di Google (tempo tecnico di realizzazione 5 minuti), con risposte obbligate che non prevedono tutte le risposte (tempo di riflessione e studio per elaborazione delle domande 5 minuti)
Si chiedono solo numeri, e non spiegazioni.
Non c’è uno spazio per spiegare
(su Google bastava inserire l’opzione ALTRO con risposta a testo breve).
Non è attendibile dal punto di vista scientifico.
Non è chiaro per i seguenti motivi.
La nota 368 del 13 marzo termina con le seguenti considerazioni del Capo Dipartimento, Giovanna Boda: ‘Ho la certezza che la comunità educante ne saprà cogliere il senso, nel pieno rispetto delle autonomie scolastiche, del Contratto Scuola vigente e di tutte le norme emanate sino ad oggi a tutela della comunità. L’emergenza che stiamo vivendo porta con sé diversi disagi, ne siamo consapevoli, così come sappiamo dei sacrifici, anche personali, di tutti Voi, fatti nell’ottica che la Scuola non deve mai abbandonare nessuno. Ma dobbiamo riuscire, con grande umiltà, a fare tesoro di questa complessa e nuova esperienza, a trasformare l’emergenza in opportunità per innovare e migliorare ulteriormente la didattica, rendere il nostro sistema scolastico capace di affrontare le sfide della modernità, perché dalla buona formazione ed educazione delle nuove generazioni dipende la crescita economica, sociale e culturale del Paese.
Giova allora rammentare sempre che uno degli aspetti più importanti in questa delicata fase d’emergenza è mantenere la socializzazione. Potrebbe sembrare un paradosso, ma le richieste che le famiglie rivolgono alle scuole vanno oltre ai compiti e alle lezioni a distanza, cercano infatti un rapporto più intenso e ravvicinato, seppur nella virtualità dettata dal momento. Chiedono di poter ascoltare le vostre voci e le vostre rassicurazioni, di poter incrociare anche gli sguardi rassicuranti di ognuno di voi, per poter confidare paure e preoccupazioni senza vergognarsi di chiedere aiuto.”
Tutte parole condivisibili, considerazioni giuste. Ma belle parole al vento.
Nel sondaggio sarebbe stato utile chiedere delle difficoltà trovate ad aprire “le aule mentali” che continuano a esistere nella testa dei più che, a distanza, continuano a mandare compiti, verifiche, voti, test con scadenza, con interrogazioni e compiti in classe via Skype, armati dal sacro fuoco di dire “io ci sono”, “io faccio”. In questo periodo di crisi mondiale, di paura di perdere la propria vita, dove siamo tutti messi a dura prova, per molti insegnanti questo impegno nell’uso di strumenti, per molti MAI utilizzati, è un modo di sentirsi utili, ci sta anche questo, ma ci vuole competenza e ci sarebbe voluta riflessione a monte. Era il momento, pur costretti, di provare a lavorare insieme per Competenze, chiamando i ragazzi a rispondere a un Compito di Realtà, il più reale dei compiti: riuscire a sopravvivere fisicamente e psicologicamente alla situazione irreale che in ogni casa si sta vivendo.
Non parliamo di INCLUSIONE, capitolo a parte, che non vuol dire essere in elenco nel registro, né essere in Piattaforma.
Il Sondaggio e le Note Ministeriali chiedono numeri non metodo, non metodologie usate, non i fatti.
Tantomeno parliamo di Didattica e TIC.
Chiedete dunque ai Dirigenti che dirigano con competenza. Che studino. Valutateli.
E chiedete ai Docenti altrettanta competenza professionale. Che fine hanno fatto e fanno i 500 euro delle Carte Docenti? Si comprino libri, partecipino a corsi seri. Valutateci.
Volete avere risultati? Valutatevi, voi per primi.
Chiedete agli specialisti dell’INDIRE, con i quali dovreste essere in contatto, cosa ne pensano. Mettetevi in mano a studiosi come Giovanni Biondi, Elena Mosa, Franca Dal Re, per citarne alcuni che mi vengono in mente e che hanno speso e spendono la propria vita professionale mettendo a disposizione enormi competenze, frutto di studio serio, professionalità, intelligenza.
Stracciate, dunque, i vostri questionari. Affidate la riflessione e le valutazioni su questo delirio a distanza, a figure competenti e intelligenti. Quando il tornado sarà passato, che vi serva da lezione.
Scegliete tra voi persone competenti. Obbligate finalmente Dirigenti e Docenti a seguire un percorso di formazione serio. Uguale e obbligatorio per tutti, sindacati compresi, sul senso della Scuola.
Studiamo tutti prima di insegnare qualunque cosa.
Il questionario non lo compilo.
Maria Giovanna Ferraro
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