Mai come in questi giorni, si è parlato così tanto di didattica a distanza. Almeno in Italia, dove la scuola è intesa come una relazione in presenza, fatta di comunicazione tradizionale, di occhi che si incrociano, di docenti che cercano gli sguardi e l’attenzione degli alunni, di giovani che interagiscono con i pari. Solo che il modello tradizionale è venuto meno: il timore per il contagio del Coronavirus, ha spazzato via le attività didattiche. E dopo lo stop delle lezioni, sta portando alla chiusura totale degli istituti per tre settimane.
Prima viene la relazione
Anche La Tecnica della Scuola ha deciso di aprire uno spazio tutto per la didattica a distanza, proprio per contribuire a sostenere le scuole, offrendo suggerimenti, risorse ed esperienze da condividere a tutta la comunità scolastica.
Ma come si arriva a realizzare una formazione soddisfacente anche se non c’è la presenza fisica di docenti e discenti? Il formatore Rodolfo Marchisio non ha dubbi: “La chiave del nostro lavoro (e del digitale) – ha scritto per noi – è la relazione educativa ed è per questa che state lavorando, mescolando attività diverse, che le tecnologie veicolano o permettono”.
La parte relazionale, quindi, è quella sempre più importate. E ora i software, le app, le piattaforme telematiche servono prorio a questo: ad instaura le relazione.
Con quale mezzo?
Ecco, allora, che per i docenti diventa importante capire su quale mezzo di comunicazione “salire”, per far viaggiare dati, compiti, esercizi da fare e da ricevere.
E qui viene il bello: quali sono le piattaforme digitali e interattive migliori? A quale applicazione e-learning conviene avvicinarsi? La risposta, come tutte le dimensioni con una vasta scelta, non esiste.
Proviamo, allora, a mettere a disposizione dei nostri lettori un ventaglio di possibili soluzioni da adottare per collegarsi con una classe di almeno 20 alunni. Ovviamente da casa, dove in questi giorni prof, maestri e allievi stanno rimanendo, dando seguito alle disposizioni del Governo e del ministero dell’Interno.
All’inizio i social
Nei primissimi giorni di sospensione dell’attività didattica, quando ancora non si sapeva che le lezioni sarebbero state sospese per settimane, i docenti hanno “tamponato” la situazione utilizzando i mezzi interattivi più in voga: in particolare, le chat WhatsApp, Messenger o Snapchat.
Qualche collega, più evoluto tecnologicamente, ha sperimentato con gli alunni Glide, che oltre alle parole e agli emoji, comunica pure con i videomessaggi. Oppure HouseParty, un social in cui ci si incontra in video.
Poi le video-conferenze
Ben presto, però, i docenti si sono resi conto che i social non possono supportare più di tanto la didattica. Soprattutto perchè non gestiscono in modo organizzato i documenti. E sono andati a cercare oltre.
Tra le modalità possibili per interagire in modo diretto e contemporaneamente con la classe, hanno scoperto che esistono sempre le videochat via Skype: un modo di dialogo che permette da oltre tre lustri di far comunicare i lavoratori delle aziende, anche multinazionali, come pure i parenti lontani. E anche con una qualità medio-alta.
Come fare didattica a distanza?
Solo che la video-chat non lascia “traccia”, nel senso che non memorizza documenti: quelli che, invece, nella scuola servono per dimostrare di avere compreso la lezione e per essere valutati (anche se per una vera e propria valutazione sarebbe molto meglio attendere il ritorno in classe).
Arrivano le “app”
I docenti, però, sanno anche che negli ultimi anni si sono sempre più evolute le cosiddette “app”: quelle applicazioni, in alto numero gratuite, che con pochi clic ed un download, si possono agevolmente scaricare nel proprio computer, tablet o smartphone.
Una di queste, molto utile alla didattica on line, si chiama Zoom: si scarica, senza costi, e permette di realizzare videochiamate tra più utenti.
Della stessa “famiglia” sono anche Hangouts e Jamboard di Google o Teams di Microsoft: nascono per motivi puramente lavorativi, e non a caso, scrive l’Ansa, “fanno parte dei pacchetti di programmi da ufficio delle due compagnie (G Suite e Office 365).
L’utilità di Classroom
Un prodotto interattivo, invece, specifico per gestire i compiti di bambini e ragazzi è Classroom, anche questo di Google: la sua intuitività ed efficacia lo ha portato ad essere uno dei sistemi più gettonati per il maestro o l’insegnante che vuole realizzare una classe virtuale, fare lezione, inviare e correggere i compiti.
Con tanto di interazione privata con gli alunni, rispettando pure, quindi, quella privacy necessaria per evitare contestazioni da parte di discenti e famiglie.
Con Google Moduli, invece, c’è la possibilità di creare quiz e domande (chiuse o aperte).
CORONAVIRUS – TUTTI GLI AGGIORNAMENTI
IL MODULO DI AUTOCERTIFICAZIONE
IL DPCM DEL 9 MARZO (N.B. Le disposizioni sono in vigore dal 10 marzo al 3 aprile)
LA MAPPA DELLA SITUAZIONE IN ITALIA
I vantaggi di We School
Se è meno conosciuta ed utilizzata è la californiana Edmodo, una soluzione interattiva efficace è l’italiana We School: è gratuita, si può scaricare e fruire anche da smartphone, contiene il registro elettronico, una “bacheca” per ‘postare messaggi’, un’area per condividere documenti e uno strumento per realizzare in modo frendly test e compiti on line.
L’uso crescente di Moodle
Un’altra piattaforma di classe virtuale dall’uso crescente è Moodle: pure questa è open source, nasce per l’ambiente universitario ed è molto utile per riunirsi in modo virtuale.
Mario Rusconi, presidente Anp Lazio che si sta adoperando per un suo utilizzo su più scuole, ci ha detto che “dà la possibilità agli insegnanti di parlare con i ragazzi; la stessa cosa possono fare gli studenti, ovvero mandare i loro compiti. E quindi, pur con tutte le difficoltà del momento, intende ricostruire un po’ il clima della classe”. Basta fissare l’orario, fare l’appello e il gioco è fatto.