I lettori ci scrivono

Didattica a distanza, lettera al presidente Mattarella

Lavoro nello stesso istituto superiore di secondo grado da 4 anni, sono stimata tra i miei colleghi, tanto che in questi giorni sono stata un punto di riferimento per l’uso delle piattaforme per la didattica a distanza, ma io non sono l’animatore digitale della scuola, io sono una precaria.
Dalla sera stessa del blocco delle attività didattiche ero in contatto con i MIEI ragazzi (per rassicurarli spaventati dalla situazione: “Profe, ma allora è grave, la scuola non ha mai chiuso per una normale influenza…”) e che nei giorni immediatamente successivi, li ha guidati h24 nella fruizione della didattica a distanza togliendo tempo a mio figlio.
Le scrivo queste righe per chiederLe di ascoltare il latrato di dolore dei 60000 docenti precari che si vedono sprofondare la terra sotto i piedi all’idea di dover affrontare un concorso umiliante come quello che sta per essere bandito.
80 domande in 80 minuti, non faccio questo tipo di test nemmeno ai miei alunni perché reputo che siano lesivi della loro espressività e del loro pensiero creativo (che tante volte ci avete fatto studiare). Io dimostro di meritare un contratto fisso da 4 anni con il mio lavoro di tutti i giorni.
Quale datore di lavoro forma sul campo i suoi dipendenti per poi selezionarli con uno sterile quiz a crocette? Dovete valutare il mio operato, non la mia capacità di fare una X al posto giusto con il tempo che scorre durante un pressure test in piena pandemia.
I docenti precari a gran voce chiedono di essere stabilizzati e assunti per titoli e servizi in coda alle precedenti graduatorie Gae e concorso 2016/2018.
Oltre che in piena pandemia e emergenza sanitaria, siamo in totale emergenza scolastica.
Come pensate di far partire il prossimo anno scolastico? solo con i docenti di ruolo rimpiazzando i pensionamenti? A settembre le cattedre scoperte saranno 200000 ben molte di più dei posti messi a bando.
Presidente, lo sa che tutti gli anni io vengo convocata a fine ottobre? E che tutti gli anni nonostante io inizi le lezioni ben un mese e mezzo dopo i miei colleghi di ruolo, finisco il programma proprio come loro, con i miei alunni che mi chiedono “Profe ma il prossimo anno ci ri-vediamo?” e io gli rispondo speriamo di si con un sorriso, ma poi quando torno in treno da Firenze a Pisa piango come una bambina e il giorno dopo compilo la richiesta di disoccupazione.
I miei ragazzi il prossimo anno non potete metterli in mano al primo che capita, la didattica a distanza non basta ci saranno tante lacune da colmare.

Elena Manescalchi

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