Il contratto sulla didattica a distanza, firmato peraltro solo da Cgil, Cisl e Anief, sta raccogliendo critiche non solo dai non firmatari (Uil, Snals e Gilda) ma anche da chi al tavolo della trattativa non era neppure presente.
Pesante il giudizio di Unicobas che, con un post firmato da Alessandra Fantauzzi dell’esecutivo nazionale, se la prende soprattutto con la mancanza di coraggio della Flc che – in un primo momento aveva deciso di non firmare l’accordo.
“Ci sono tanti modi per affrontare un’emergenza – scrive Fantauzzi – uno di questi è trasformare le criticità in opportunità. E l’opportunità per un sindacato non può che essere quella di migliorare ed allargare le tutele e i diritti dei lavoratori, soprattutto se si tratta dei lavoratori della scuola, i peggio retribuiti dell’Unione Europea”.
“Siamo costernati – afferma la sindacalista Unicobas commentando la firma della Flc – perché una simile svendita dei diritti dei lavoratori della scuola e del diritto allo studio di tutti e ciascuno rischia di diventare la pietra tombale della libertà d’insegnamento e di apprendimento, del diritto ad una retribuzione equa e commisurata alla quantità e qualità del lavoro svolto, del diritto alla salute, del diritto di tutti e di ciascuno ad una scuola libera, aperta, gratuita, del diritto di tutti e di ciascuno ad essere uguali senza distinzioni di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali”.
Entrando nel merito Fantauzzi si chiede: “Come può essere un’opportunità un contratto che impone ai docenti, in barba alla libertà d’insegnamento, la DDI intesa come lezioni in sincrono? Dov’è la riflessione doverosa e pedagogicamente fondata, che spetta alla scienza e coscienza degli insegnanti, sulla complessità della didattica multimediale, sul digitale inteso come un’ infrastruttura concettuale, piattaforma di sapere personale e collettivo, spazio in cui suono, immagine, operatività, scrittura si incontrano e collaborano alla pari, ognuno portando con sé e mediando il proprio patrimonio di risorse cognitive e metacognitive, tecnologia cognitiva che dà luogo ad una nuova olistica della percezione e dell’elaborazione del sapere e dei saperi?”
“Ma – continua Fantauzzi – dov’è la ratio del diritto in un contratto che non garantisce in automatico la consegna in comodato del materiale necessario per effettuare la DDI (computer, schermo, etc,) e non riconosce le spese per la manutenzione della strumentazione informatica, le spese per la connessione e altre accessorie e soprattutto non garantisce i docenti dai danni dovuti ad hackeraggio informatico, violazioni della privacy propria o altrui?”
E molte altre sono ancora le critiche all’accordo, dal fatto che il personale in quarantena sarebbe comunque tenuto a svolgere attività a distanza fino all’obbligo di formazione al di fuori dell’orario di servizio.
Sulla stessa lunghezza d’onda è una nota a firma di Giovanna Lo Presti della CUB Scuola in cui si evidenzia che “le organizzazioni sindacali (le stesse che a gran voce sostenevano la ‘priorità alla scuola’) firmano un CCNI insieme insufficiente e ridicolo. Apprendiamo, per esempio, che le ‘pause’ sono legittime: ci mancherebbe, qualsiasi lavoratore impegnato con un videoterminale ha diritto a particolari tutele e queste andrebbero modellate ulteriormente per l’atipicità del lavoro scolastico. Non ha senso tenere incollati gli studenti allo schermo dalle 8 alle 13 e la lezione online dovrebbe avere tempi scanditi in modo del tutto diverso da quelli della lezione in presenza”.
Insomma, la DDI adesso è regolata sia da un contratto sia da una nota applicativa del Ministero, ma c’è da credere che farla funzionare davvero non sarà per nulla facile.
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