Pubblichiamo un interessante intervento sui problemi della didattica a distanza di due esperti in materia di privacy, Lucia Gamalero (Privacy Specialist e Responsabile GDPR Scuola) e Federico Croso (Responsabile della Protezione dei Dati)
La didattica a distanza, che le scuole hanno tentato di implementare in questi complicati mesi di emergenza da Covid-19, è stata una grande sfida, in alcuni casi vinta, in altri persa.
In poco tempo docenti, famiglie e alunni hanno dovuto attivarsi per imparare a utilizzare nuove piattaforme e nuovi strumenti informatici.
È stata una vera e propria rivoluzione per le scuole italiane, sia dal punto di vista dell’insegnamento che dell’apprendimento!
L’attivazione della didattica a distanza ha anche comportato una maggior attenzione al trattamento dei dati personali dei docenti e degli alunni, e una seria valutazione dei rischi.
Nel periodo di emergenza, l’Autorità Garante ha tuttavia specificato, correggendo quanto riportato dal Ministero dell’Istruzione nella nota 388 del 17.03.2020, che le scuole “non devono richiedere il consenso al trattamento dei dati di docenti, alunni, studenti, genitori” per la didattica a distanza “poiché il trattamento è riconducibile alle funzioni istituzionalmente assegnate”.
Circa gli strumenti per la DAD, il Garante ha affermato che le scuole sono libere nella scelta delle piattaforme da utilizzare, ma devono assicurarsi che le informazioni da esse trattate siano usate solo a scopo didattico.
Il trattamento svolto deve pertanto limitarsi a quanto strettamente necessario alla fornitura dei servizi richiesti ai fini della didattica online, e non avere altre finalità.
Ecco dunque il punto fondamentale: la scelta dello strumento per la formazione!
Ad oggi, ancora non sappiamo se anche il prossimo anno le scuole dovranno attivare forme di didattica a distanza.
Ci auguriamo tuttavia che, se ciò dovesse malauguratamente accadere, il Ministero intervenga con prontezza, chiarendo come implementare la formazione nel rispetto della privacy degli alunni, nonché del quadro normativo in materia di protezione dei dati.
Consigliamo quindi alle scuole di iniziare a pensare a come muoversi, qualora fosse nuovamente necessario ricorrere a questi strumenti didattici.
Innanzitutto gli istituti, per tutelare i dati dei docenti e degli alunni, devono scegliere poche piattaforme ma sicure!
Occorre evitare che ciascun insegnante decida liberamente, e canalizzare quindi la scelta verso strumenti condivisi, che rispondano agli standard di sicurezza del Codice dell’Amministrazione Digitale, delle collegate circolari AgID (Agenzia per l’Italia Digitale) e della normativa in materia di protezione dei dati.
Oltre a questo, consigliamo alle scuole, proprio per evitare ciò che è successo nei mesi scorsi (come casi di intrusioni esterne ed uso scorretto delle videochat), di disciplinare l’utilizzo di questi strumenti con un vero e proprio regolamento d’istituto adottato dagli organi collegiali della scuola.
Altro suggerimento è quello di formare il personale docente per scongiurare “data breach” quotidiani e intrusioni nei sistemi informatici.
La formazione dei docenti dovrebbe comprendere, tra l’altro, aspetti legati alla tutela dei dati personali, nonché sviluppare competenze informatiche e tecnologiche, cercando di promuovere negli insegnanti una coscienza critica.
Ci auguriamo che la formazione venga poi estesa anche agli studenti, educandoli alla “cittadinanza digitale⁽” e rendendoli quindi in grado di:
Per iniziare, suggeriamo di educare i giovani al diritto alla protezione dei dati, magari leggendo assieme a loro un’informativa e l’eventuale richiesta di consenso ad essa collegata.
Oggi dunque le scuole devono affrontare una nuova sfida: sviluppare coscienza e consapevolezza di ciò che la tecnologia può offrire loro se utilizzata in modo corretto.
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