Dal momento in cui, in piena emergenza, il Governo ha disposto la sospensione delle attività didattiche sollecitando lo svolgimento della didattica a distanza, se da un lato si è innescato un lavoro incessante da parte dei dirigenti scolastici, dei docenti e delle segreterie impegnati ad organizzare, elaborare e mettere in atto tutte le strategie ritenute più utili per garantire il diritto costituzionale all’istruzione, di contro, dall’altro lato, si è sviluppato un acceso dibattito circa l’opportunità, le modalità e la natura vincolante o meno, per i docenti e per gli stessi alunni, della didattica a distanza.
Sebbene i decreti del Presidente del Consiglio e le diverse note esplicative divulgate dal Ministero dell’Istruzione hanno via via incentivato e disciplinato, nei limiti del possibile, lo strumento della didattica a distanza, permangono diversi nodi problematici, anche di natura giuridica, stante la natura non obbligatoria della stessa per il personale docente e per gli stessi alunni.
Uno dei diversi nodi critici è certamente rappresentato dal momento di valutazione degli alunni.
Se il decreto legge n.9/2020 ha confermato la validità dell’anno scolastico in corso anche se, come ormai è probabile, non verranno effettuate le 200 giornate di lezione previste quale soglia minima, residuano ancora ampi dubbi sul come verranno valutati gli alunni ai fini dell’ammissione alle classi successive nonché in sede di esami di maturità.
Le lezioni a distanza sono ormai entrate a pieno ritmo in gran parte degli istituti scolastici di vario ordine e grado ma, ci si chiede, se si stia riuscendo a garantire a tutti gli alunni l’accesso alla didattica e l’esercizio pieno, sempre nei limiti dell’atipicità della DAD, del diritto all’istruzione.
Gli sforzi di approfondimento delle nuove tecnologie e delle piattaforme on line e di adattamento da parte del corpo docente, soprattutto quello meno avvezzo all’utilizzo degli strumenti informatici, non sono infatti sufficienti a superare gli attuali limiti tecnici, sociali ed umani alla piena fruizione della didattica a distanza.
Si pensi alle ancora troppo ampie zone del Paese non servite dalla banda larga o addirittura non raggiunte affatto da segnale digitale.
Si pensi ancora alle realtà sociali più deboli, in cui esistono innumerevoli famiglie che non possono accedere agli strumenti informatici di base e, conseguentemente, garantire ai figli in età scolare di seguire le lezioni a distanza.
Proprio per superare questo primo gap, con il decreto legge 18/2020 sono stati stanziati 85 milioni di euro per incrementare il fondo istituito con la legge 107/2015, al fine di sviluppare e di migliorare le competenze digitali degli studenti e di rendere la tecnologia digitale uno strumento didattico di costruzione delle competenze in generale.
Se tuttavia, la macchina sembra essere partita in maniera tutto sommato uniforme (in questi giorni alcune istituzioni scolastiche stanno già distribuendo alle famiglie in difficoltà i primi strumenti informatici), resta aperto, tra gli altri, il nodo della valutazione degli alunni.
Ci si è chiesti infatti, se può essere effettuata attività di valutazione degli alunni, con quali modalità e, soprattutto, con quale valenza giuridica.
Nonostante qualche istituto abbia adottato, in sede di collegio dei docenti, delle linee guida per lo svolgimento della valutazione degli alunni impegnati nelle lezioni a distanza, tuttavia, non essendo in presenza di attività svolta in presenza, siamo comunque di fronte ad un’attività atipica e priva di basi normative e, quindi, di scarsa valenza giuridica.
L’invito rivolto ai docenti è stato quindi quello di puntare più all’aspetto “formativo” della valutazione, ossia tenere conto non solo del livello di conseguimento, da parte di ciascun allievo, dei singoli obiettivi definiti dalla programmazione, ma anche della peculiarità della proposta didattica, delle difficoltà strumentali delle famiglie e della necessità degli allievi di essere supportati in un momento di incertezza e di insicurezza quale quello attuale.
Tuttavia, sono proprio questi ultimi gli aspetti che mettono “in crisi” la valutazione stessa o, quantomeno, la sua rilevanza giuridica.
Ci si chiede infatti quale livello di “resistenza” in sede di contenzioso potrebbe avere una valutazione effettuata, a fronte di obiezioni inerenti, ad esempio, la mancanza di strumenti informatici, obsolescenza o mal funzionamento degli stessi, il mal funzionamento della rete internet, eventuali difficoltà oggettive nell’utilizzo degli strumenti (Pc o tablet), incapacità o impossibilità della famiglia di supportare gli alunni più piccoli (di scuola primaria o secondaria di primo grado), per non parlare dell’incertezza sull’effettiva frequenza delle lezioni stesse, in mancanza di strumenti certi di rilevamento delle presenze.
Si creerebbero quindi inevitabili disparità di trattamento tra coloro i quali hanno strumenti e possibilità adeguate per poter seguire le lezioni a distanza e quanti, loro malgrado, risultano più svantaggiati.
Peraltro, non essendo un’attività obbligatoria, in molti casi si sono registrate defezioni di docenti che non hanno dato la loro disponibilità per lo svolgimento delle lezioni da remoto.
A fronte di siffatte oggettive difficoltà, la rilevanza giuridica della valutazione, peraltro non supportata da fonti normative di rango primario né secondario, con alta probabilità verrebbe travolta in sede giudiziaria in caso di contestazione del giudizio, sebbene autorizzata a monte dal collegio dei docenti, ed eventualmente ratificata dai consigli di classe in sede di scrutinio finale.
A fronte quindi degli sforzi, certamente encomiabili, dei dirigenti e dei docenti impegnati nel garantire il diritto allo studio, sulla scorta di un’attività, quella della didattica a distanza che, in una fase di sospensione dell’attività ex lege non assume, a parere di chi scrive, valore vincolante per i docenti, restano ancora irrisolti problemi di non poco conto.
Stante la scarsa o nulla valenza giuridica della valutazione degli alunni effettuata “a distanza”, viste le oggettive difficoltà sopra illustrate, nel caso, ormai probabile, di mancato riavvio delle attività didattiche per il corrente anno scolastico, in mancanza di specifici e dettagliati interventi normativi, l’unica attività di valutazione giuridicamente rilevante ai fini del giudizio finale dell’alunno, potrebbe essere solo quella posta in essere in modalità “tradizionale” fino al momento di sospensione delle attività didattiche.
A questo punto quindi, si auspica un urgente intervento di natura legislativa (quindi un decreto legge), non essendo sufficiente, a mio parere, un semplice atto amministrativo, che chiarisca quale sarà la sorte degli alunni; se dovranno aspettarsi una mera promozione alla classe successiva, per poi iniziare il nuovo anno con il nuovo programma, ovvero se, all’avvio del nuovo anno, saranno chiamati ad uno sforzo per recuperare il terreno perduto, anche eventualmente con esami di verifica, prima di affrontare il nuovo programma.
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