Anche i bambini dai 4 ai 5 anni hanno diritto alla didattica a distanza, mancando la scuola, chiusa a forza per timore del contagio del virus. E anche con loro, coi più piccoli, l’istruzione deve trovare strategie adatte per non lasciarli soli, considerato soprattutto che proprio in questa età si ha più bisogno di contatti, di parlare, socializzare, conoscere il mondo anche attraverso gli occhi dei compagni di classe e della maestra che dirige, disciplina, ordina i caotici temperamenti dei bambini.
Per tale motivo, nell’ambito della nostra rubrica La Tecnica per la scuola, abbiamo parlato con al maestra Enza Di Maio (prossima alla pensione e 44 anni di ruolo), che presta servizio presso la scuola dell’infanzia “Palatucci” a Priolo Gargallo (SR), all’interno del 2° Istituto comprensivo “A. Manzoni”.
26 bambini dai 3 ai 4 anni che improvvisamente si sono ritrovati chiusi in casa senza più avare rapporti con nessuno che non fossero i famigliari, come castigati da un qualcosa che non riescono a capire, né a immaginare alla loro età.
“Allora siamo partiti in sordina, nei primi giorni”, racconta la maestra Enza, “non sapendo bene che fare e come fare. Dopo avere informato subito la rappresentante di classe della chiusura forzata dell’intero Comprensivo, man mano anche con tutte le altre mamme sono venuta in contato, fino a quando, preso atto dei sinistri effetti del Covid, abbiamo stabilito il tipo di intervento da realizzare coi bambini, mettendo a conoscenza i familiari che avrebbero dovuto seguire i loro figli. A questa età è in possibile gestire da soli gli strumenti elettronici e dunque i genitori devono supportare la didattica.”
Sicuramente non può collegarsi contemporaneamente coni 26 suoi alunni, “succederebbe un caos, perché i bambini sentono il bisogno di parlare, intervenire, dire la loro. E dunque sono costretta ad avere online massimo 4 bambini, usando la semplice applicazione WhatsApp. Con essa comunico anche con le famiglie e illustro loro cosa ho fatto e cosa intendo fare. In linea di massima racconto delle favole, nel corso del nostro collegamento, ma spedisco loro compitini adeguati all’età, schede fotografate, link dove attingere argomenti, mie registrazioni per fare sentire che la maestra è loro vicina. Poi loro rimandano questi lavori alla mia attenzione, fotografandoli. Capisce bene”, continua la maestra Di Maio, “che il tempo impiegato in questo modo si moltiplica, non solo per la preparazione di ciò che devo realizzare, ma anche per quello che trascorro con loro. Senza scordare che, se in tempi normali il nostro lavoro è di 5 ore al giorno, ora è senza tempo, perché, dalle 9 in poi, dopo tutti i miei collegamenti, mi metto a disposizione dei bambini e delle loro mamme che mi chiamano anche alle 21,00 e talvolta pure oltre, per avere delucidazioni e spiegazioni ulteriori. Parte del lavoro infatti è a loro addossato, ma lo fanno con piacere, almeno così percepisco; e poi non ci sono altre alternative”.
In ogni caso lo strumento più utilizzato dalla maestra Enza è WhatsApp, con le video chiamate e pure vocali, mentre le riunioni con le colleghe si svolgono in linea generale via Skype.
Tuttavia alla domanda cruciale, se cioè la tecnologia potrà mai sostituire la presenza in classe del maestro, anche la nostra interlocutrice è categorica: “Ho avuto sempre una stella polare nel mio percorso: l’insegnate che duca per sempre e ciò si realizza solo avendo davanti i bambini con tutta la loro carica gioiosa e il loro bisogno di sapere e percepire il mondo. Il momento particolare ci ha costretto a questo ripiego della dad che però deve rimanere un momento isolato e solo per evitare il contagio. Questa dunque non è la scuola per la quale ci siamo preparati. Le emozioni dei bambini, quelle insostituibili espressioni di emotivo bisogno di comunicare si possono cogliere e condividere solo in classe, avendoli davanti, in presenza”.
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