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Didattica a distanza, racconta una docente: “Nella mia zona la connessione è scarsa, faccio lezione con il cellulare”

Con la nostra campagna “La Tecnica per la Scuola” stiamo cercando di raccontare a tutti che essere insegnanti ai tempi del COVID19 non è facile (si lavora tanto, molto di più di quanto si possa credere) anche se gli aspetti positivi non mancano.
Ne parliamo oggi con R. P., insegnante di grafica industriale presso un istituto professionale romano.

Quale è stato il suo primo approccio con la DAD?

Nella nostra scuola, subito dopo la sospensione delle attività in presenza, abbiamo iniziato ad usare il registro elettronico assegnando i compiti agli studenti.
Il fatto è che, nei primi giorni, non immaginavo che la situazione potesse protrarsi per così tanto tempo.
Poi, dopo due settimane, abbiamo iniziato ad utilizzare una piattaforma sicura e con più funzionalità adatte alla didattica, tra cui la possibilità di videolezioni.

E cosa è successo a questo punto?

Sono arrivati i problemi.
Io per esempio abito in una zona della città in cui c’è una connettività adeguata e quindi sono costretta a fare le lezioni usando il mio cellulare.
Anche diversi miei studenti erano in difficoltà ma la scuola ha provveduto in tempi abbastanza stretti a fornire un tablet a tutti quelli che ne avevano bisogno.

E’ riuscita ad “agganciare” tutti?

Ho alcuni studenti (pochi per fortuna) ai quali non riesco ad arrivare come io vorrei e la cosa mi crea ansia e preoccupazione anche perché si tratta di ragazzi del quinto anno che devono sostenere l’esame di Stato.
Ad ogni modo nessun alunno è “scomparso” del tutto, grazie anche all’intervento della coordinatrice di classe che si preoccupa sempre di ricontattare gli studenti che si assentano per qualche lezione.e
Il fatto è che nella mia disciplina, ma questo è un discorso che vale un po’ per tutto il percorso didattico dei professionali, la parte teorica è importante ma vale molto anche quella laboratoriale che, purtroppo, non può essere veicolata del tutto con una lezione a distanza, anche se poi questo aspetto (nel mio caso si tratta della “prestampa digitale”) viene sviluppato dai colleghi itp.

Ma loro, gli studenti, sono motivati?

Le nuove regole introdotte con il decreto scuola prevedono che tutti gli studenti vengano comunque ammessi all’esame di Stato e questo fa sì che alcuni – soprattutto quelli che già in condizioni normali “zoppicano” un po’ – siano poco motivati a seguire le lezioni.
E così, per raggiungerli meglio e per poterli seguire con più attenzione, io ho pensato di suddividere la classe in 4 gruppi di 6-7 alunni ciascuno; ovviamente questo comporta un impegno ancora maggiore.

Cosa la preoccupa di più di questa esperienza?

L’aspetto che più preoccupa riguarda il futuro, mio e di tanti altri precari. Ho il timore e la sensazione che il Ministero possa cogliere l’occasione per iniziare a ridurre le spese: per esempio con la didattica a distanza si possono risparmiare soldi evitando di assumere supplenti e comunque diminuendo gli incarichi annuali.
Ma questo non va per niente bene perché con la didattica a distanza si possono trasmettere contenuti ma non valori educativi di cui gli alunni hanno comunque bisogno e che essi stessi in qualche modo chiedono a noi insegnanti.

Reginaldo Palermo

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