Sono 60 le pagine che il gruppo di ricerca dell’Indire dedica all’analisi dell’ “Indagine tra i docenti italiani, pratiche didattiche durante il lockdown” che è stato pubblicato in questi giorni sul sito.
L’indagine è stata avviata lo scorso giugno, per sondare come e in che misura la chiusura delle scuole dovute all’emergenza sanitaria abbia influito sulle pratiche didattiche dei docenti, sull’organizzazione delle loro scuole, con quali modalità. Sono state prese in considerazione diverse aree: i contenuti, le tecnologie usate, le strategie di inclusione, la valutazione e non da ultimo la formazione, l’organizzazione e la leadership. È evidente che tra gli obiettivi dei ricercatori dell’Indire vi sia anche quello di creare una sorta di archivio di pratiche, il più possible efficaci ed esportabili, proprio in previsione dell’incertezza che governa la riapertura del prossimo anno scolastico.
All’indagine hanno risposto 3774 docenti (3195 donne, 579 uomini), che si sono trovati a passare in maniera “forzata” dalla didattica tradizionale a quella a distanza, in un batter d’occhio ribattezzata con l’acronimo DaD. Seppure, come ben ribadiscono i ricercatori dell’Indire, non si partiva da zero, si pensi per esempio al Piano Nazionale Digitale del 2015 e quello per la Formazione dei docenti del triennio 2016 – 19, tutti incentrati sulla promozione dell’innovazione e della diffusione di buone pratiche di Media Education, i vari decreti normativi che si sono succeduti, a partire da quello dello scorso 8 marzo 2020, che ha decretato l’inizio ufficiale del lockdown, il mondo della scuola è apparso disarmato e sperduto. Quando poi la normativa è passata dalle indicazioni all’obbligatorietà della didattica a distanza in piena emergenza da COVID19, è balzata in evidenza la “resistenza al cambiamento della scuola e dei docenti”, tema su cui è stato scritto e dibattuto a lungo negli anni. Ecco allora alcune delle domande che i ricercatori si sono posti e hanno posto: qual è stata la reazione di chi ha il dovere di fare didattica? Quali sono state le difficoltà? Quali le differenze? E ancora: si sono aperte delle possibilità? Vi sono stati dei progressi?
Vale la pena fornire ancora un dato interessante prima di entrare nl cuore dell’indagine, ovvero l’analisi delle pratiche più diffuse: tra i docenti che hanno risposto il 10% appartiene alla scuola dell’infanzia, circa il 30% a quella primaria, poco più del 20% alla secondaria di primo grado e gli altri, la maggioranza, a quella di secondo e in prevalenza insegnano in scuole del Centro e del Nord Ovest. I ricercatori dell’Indire partono dalle modalità e dalle scelte effettuate: dall’analisi delle risposte del campione preso in esame emerge che le lezioni in videoconferenza (pag. 13 – 14) sono state le attività maggiormente perseguite in ogni ordine di scuola, (89,7% alla Primaria, rispettivamente 96,7% alla Secondaria di Primo grado e 95,8% alla Secondaria di Secondo grado). Le attività di contatto e socializzazione hanno il loro picco alla scuola dell’Infanzia (60,5%), e decrescono con il crescere degli ordini di scuola e l’impegno disciplinare (59,7% alla Primaria, 47,3% alla Secondaria di Primo Grado e 41,9% alla Secondaria). L’assegnazione di risorse per lo studio ed esercizi è trasversale agli ordini di scuola, oscillando dal 79,8% alla Primaria fino al 78,7% della Secondaria di Secondo grado e l’80% alla Secondaria di Primo grado.
Le attività di ricerca e laboratoriali costituiscono più del 50% delle attività in DaD, con una prevalenza per quelle mediate dalle tecnologie e già inserite nell’ambiente digitale che ne modula il contenuto (rispettivamente il 18,3% Infanzia, 31,3% Primaria, 44,1% Secondaria di Primo Grado e 40,4% Secondaria di Secondo grado), rispetto alle attività di osservazione e di laboratorio in contesto analogico non mediato dagli ambienti digitali (13% per l’Infanzia, 24% per la Primaria, 29,5% Secondaria di Primo grado e 30,2% per la Secondaria di Secondo grado).
In merito alla gestione temporale della DaD, le risposte dei circa 4000 docenti intervistati fa emergere come la maggioranza del tempo sia stato dedicato alla trasposizione a distanza delle stesse attività didattiche praticate in presenza: lezioni in videoconferenza (per l’36,3%% dei rispondenti svolte almeno 2 – 4 ore a settimana) e assegnazione di risorse per lo studio ed esercizi, per almeno 2 – 4 ore a settimane. Altra finestra viene poi aperta sulle modalità di interazione studente – docente e in questo caso il dato ricavato racconta che quasi il 60% dei docenti ha attivato la DaD con l’intero gruppo classe, mentre solo il 15% ha preferito i piccoli gruppi.
Uno sguardo approfondito viene poi dato agli strumenti usati: si legge (pag. 23 e 24) per esempio che il Registro elettronico ha contenuto gli aspetti di comunicazione scuola – famiglia e repository digitale per il 77,6% dei rispondenti. Google Meet, con il 66,5% dei docenti che hanno risposto di farne uso, stacca di molto gli altri sistemi di videoconferenza, posizionati a grande distanza, tra cui Zoom (20,5%), weSchool (‘11,2%), Microsoft Teams (7,2%) e Webex (6,4%). La posta elettronica ha assunto il ruolo di prassi comunicativa asincrona con gli studenti (docente-studente e docente-studenti) per il 65,6% dei rispondenti. WhatsApp è al quarto posto con il 61,7% di docenti che lo indicano come app di apprendimento e come spazio comunicativo scuola-famiglia. A Google Classroom vanno le preferenze del 51,3% dei docenti, che dichiarano di averla usata come contenitore e connettore della DaD.
In merito alle tipologie di contenuti sono risultati come più frequentemente utilizzati nella didattica a distanza;
Tra le modalità di riadattamento del curricolo prevale la focalizzazione sui nuclei fondanti, scelta operata dalla maggioranza dei docenti intervistati, mentre nella scuola dell’infanzia si rileva la riduzione dei contenuti previsti a inizio anno.
Tra le osservazioni finali della ricerca di Indire, che offre uno spaccato completo della Dad, i ricercatori mettono in luce che i docenti della scuola secondaria di secondo grado e, in parte minore, quelli della scuola secondaria di primo grado, fanno registrare dei miglioramenti su alcuni aspetti educativi dovuti alla DaD, tra cui un miglioramento nella responsabilità e della motivazione con cui gli studenti svolgono i compiti assegnati, il potenziamento della capacità di cooperazione e collaborazione. Il peggioramento è espresso soprattutto dai docenti della scuola dell’infanzia: il 74% lo individua nella qualità della relazione tra pari.
La ricerca ha anche messo a fuoco la valutazione e i dati ricavati indicano la continuità con pratiche valutative tradizionali, e la formazione dei docenti, settore da potenziare secondo la maggioranza dei docenti, che hanno comunque considerato importante continuare la frequenza dei corsi on line, sottolineando come questo abbia migliorato considerevolmente la gestione del tempo da dedicare all’aggiornamento.
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