La DaD non sarebbe nata in questo infausto anno 2020 che ci apprestiamo a lasciarci alle spalle, ma nel lontano 1967. Lo sostiene il filosofo Gino Roncaglia, in un interessante episodio di Rai Cultura.
“La storia della didattica a distanza e la riflessione sull’uso dei nuovi media come strumenti educativi e formativi nasce in Rai,” afferma il filosofo.
Roncaglia ci ricorda infatti che la DaD come didattica d’emergenza e sostitutiva di quella tradizionale non viene fuori dalla pandemia, ma è qualcosa che ha radici lontane, attorno agli anni ’50 e ’60, quando la riflessione sui nuovi media, allora la televisione e la radio, non certo i computer, fa interrogare i dirigenti Rai sulla possibilità di usare questi strumenti per l’alfabetizzazione delle masse, con esiti d’eccellenza divenuti poi modelli anche all’estero.
Teledidattica e Telescuola
Roncaglia si riferisce ai progetti di Teledidattica e Telescuola (che hanno reso famoso il maestro Manzi), nati per sostituire la scuola media laddove la scuola media non esisteva ancora e non arrivava, nell’entroterra del Paese, nelle montagne, e via dicendo.
Insomma, la tv e la radio per insegnare a distanza. Come oggi si fa con i computer.
Giampiero Gamaleri
Giampiero Gamaleri, ordinario di Sociologia dei processi comunicativi, nonché studioso che ha introdotto in Italia il pensiero di Marshall McLuhan, ha seguito qualcuno di quei progetti educativi di teledidattica e telescuola, e ci racconta che negli anni del miracolo economico, il progetto di Telescuola consisteva in una serie di trasmissioni sostitutive di quello che la scuola non poteva dare. Una didattica dell’emergenza anche allora.
Poi, quando la scuola media arriva in tutti i comuni, e dunque non c’è più bisogno della sostituzione della scuola che non c’era, a quel punto Ettore Bernabei capisce che non bisognava avere trasmissioni televisive o radiofoniche con maestri sostitutivi, ma bisognava avere una trasmissione integrativa della scuola, con materiali supplementari.
Gino Roncaglia
Emergono così esperienze didattiche legate non solo al modello trasmissivo, ci spiega Roncaglia, ma anche a quello partecipativo, laddove dei gruppi di ascolto lavoravano prima e dopo la trasmissione televisiva o radiofonica, sui contenuti proposti, attorno al 1967.
Il ruolo della DaD
Un ragionamento che porta alla riflessione circa il ruolo della DaD. In altre parole, la didattica a distanza non scalza la figura del professore, ma la arricchisce di informazioni e punti di vista. E lo fa da sempre, da quando nasce, negli anni ’60.
“Una prospettiva molto interessante anche dal punto di vista contemporaneo,” osserva Roncaglia, “perché la Rai si è sempre posta il problema di non essere solo un canale di trasmissione verticale, ma un canale capace di fornire contenuti integrativi e di supporto per il lavoro delle scuole.”
Non solo e non tanto la lezione verticale, attraverso il medium televisivo, ma la partecipazione, come oggi cerchiamo di fare con i computer e con la DDI, o DaD, che dir si voglia.