Continuano le prese di posizione contro il contratto integrativo sulla didattica digitale integrata.
Dopo la richiesta della Uil Scuola di sottoporre a referendum il contratto (richiesta formulata con l’evidente intenzione di mettere in difficoltà i sindacati firmatari dell’accordo, Cgil, Cisl e Anief) arriva anche la protesta di SBC (Scuola Bene Comune), un gruppo molto attivo su Facebook.
La proposta di SBC è ancora più radicale di quella della Uil Scuola perché si tratterebbe non solo di sottoporre il contratto alle assemblee del personale ma anche di impugnarlo per via giudiziaria.
Per la verità ad “autorizzare” il contratto nazionale integrativo è stata una norma di legge, precisamente l’articolo 2 (comma 3 ter) del DL 22 dell’aprile scorso, contratto che, peraltro, i sindacati tutti hanno continuato a rivendicare più volte nei mesi scorsi.
Sta di fatto che ora Scuola Bene Comune sostiene che “la materia del CCNI non ha nessun fondamento nel CCNL 2016/2018 attualmente vigente”.
Senza considerare, sottolinea SBC, che “il contratto integrativo equipara l’orario di servizio settimanale in presenza con l’orario di servizio a distanza, laddove il lavoro a distanza è molto più oneroso di quello in presenza”.
A parere di SBC il CCNI “avrebbe dovuto prevedere un dimezzamento dell’orario, dal momento che 1 ora di didatttica a distanza equivale a 2 ore di didattica in presenza, come accade nel settore universitario”.
“Il CCNI – prosegue SBC – crea una confusione tra la DAD, che viene attivata allorquando le scuole sono chiuse in modalità sincrona o asincrona e la DID che viene attivata con scuole aperte con alunni in parte in classe e in parte a casa o in altra classe qui sorvegliati da un docente a disposizione”.
“Per non parlare – aggiunge ancora il Gruppo FB – di aspetti molto delicati legati alla privacy, agli aspetti psicologici, e alle patologie che possono derivare da tale tipologia di lavoro, malattie oftalmiche, osteoarticolari, psichiatriche”.
“Questo CCNI – conclude Scuola Bene Comune – cambia e stravolge la docenza italiana anche non in emergenza per un preciso disegno politico ed economico che si sta portando avanti fin dallo scorso mese di marzo da alcuni soggetti portatori di interessi oggi non solo presenti ma molto influenti presso il ministero dell’istruzione e presso l’attuale Ministra”.
La logica conseguenza di tutto questo non può quindi che essere una sola: l’impugnazione del contratto integrativo sottoscritto da Anief e Cisl e successivamente anche da Flc Cgil.
Vedremo nei prossimi giorni se i sindacati non firmatari, Uil, Snals e Gilda, vorranno tenere in considerazione queste le riflessioni e la proposta di SBC.
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