È proprio vero che l’uomo è nato libero, ma è ovunque in catene (J.J. Rousseau). In una situazione di emergenza, come quella che stiamo vivendo, dovrebbe prevalere il buon senso invece s’impongono gli imperativi categorici. Ce lo chiede il ministro, suona tanto come ce lo chiede l’Europa (e poi abbiamo visto i risultati); le imposizioni – c’insegna la storia – non fanno mai bene, ma la cooperazione è vitale.
Il Ministro dell’Istruzione dà l’indirizzo politico e le direttive generali per l’amministrazione e la gestione, invece siamo andati oltre con i “pieni poteri” ai Dirigenti Scolastici sulla DAD (didattica a distanza). A che pro citare la comunità scolastica se ci fa scudo con il D. Lgs 165/2001 per “gli autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di organizzazione scolastica secondo criteri di efficienza e di efficacia”, omettendo però il secondo comma dell’articolo 25 del T.U. 165 del 2001 nella sua interezza, il quale inizia precisando che i poteri del dirigente scolastico sono esercitati nel rispetto delle competenze degli organi collegiali.
Siamo ben consapevoli del nostro ruolo all’interno della comunità educante, crediamo nella Costituzione, conosciamo i nostri doveri e diritti, soprattutto associamo l’art. 34 all’art. 33, che non consideriamo mai separatamente. La libertà d’insegnamento quale libertà individuale che costituisce un valore costituzionale e trova conferma negli artt. 1 e 2 del D.Lgs. n. 297 del 1994, non è stata soppressa.
Abbiamo rispetto per noi stessi e gli altri, delle norme in generale, della famiglia, della vita ragion per cui non comprendiamo la pungolatura “lavorare a distanza non vuol dire prendere un treno e fare 800 km”.
“E siccome si stanno facendo cose meravigliose in Italia, andate avanti malgrado tutto quello che potrete leggere nei prossimi giorni”. In realtà, ciò che vorremmo leggere sono delle circolari ministeriali chiare e inequivocabili, valide su tutto il territorio, giacché il sistema d’istruzione e formazione è nazionale; di meraviglioso, poi, c’è l’impegno di tutti a non lasciare nessuno indietro.
Davvero si pensa che con lo stanziamento di 85 milioni sui device si possano rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale degli alunni e delle loro famiglie (art.3) o che i problemi siano riconducibili alle “attività indifferibili” come il genitore che chiede un appuntamento per andare a riprendere il libro lasciato a scuola dal figlio (in base al Dpcm non ci pare sia possibile, ma anche se lo fosse, in questo momento di gravità sarebbe l’ultimo dei pensieri)?
L’auspicio dei giorni scorsi della ministra che “l’emergenza possa dare la spinta per l’innovazione” ci fa temere che essa venga usata per una nuova svolta aziendalista e trasmissiva dell’insegnamento (alcune piattaforme in uso sono chiaramente state pensate per il lavoro aziendale), nonostante sia evidente che le forme di didattica a distanza non sono in grado di garantire equità nell’esercizio del diritto allo studio in nome del quale, però, non si affrontano i problemi né prendono decisioni, ma li si demandano o delegano.
Comitato 8000 esiliati fase B GAE
Comitato nonsisvuotailsud
Osservatorio Diritti Scuola
Nastrini Liberi Uniti
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