In un momento cosi delicato per il Paese, che vede la maggioranza dei docenti italiani impegnati a fare didattica a distanza, abbiamo intervistato il prof.Francesco Greco dell’Associazione Nazionale Docenti.
Intervista a Greco di AND
La scuola italiana, per condizioni di forza maggiore, dovuta alla pandemia del Covid-19, si è trova d’emblée a dover assicurare la continuità della didattica facendo ricorso alle nuove tecnologie della comunicazione che sicuramente rappresentano uno strumento formidabile, ma pongono anche tante questioni alle quali il ministero e lo stesso ministro hanno cercato di dare risposte.
Per come scritto dal Ministro dell’Istruzione on. Lucia Azzolina, nella sua lettera aperta del 27 marzo u.s., «C’è un’altra scintilla di speranza che brilla nel buio di questi giorni, ed è il rinsaldarsi del rapporto tra scuola e famiglia: si sta sviluppando una nuova forma di cooperazione per mandare avanti la didattica e soprattutto la relazione docenti-studenti». Una speranza che noi coltiviamo con cura da sempre affinché si possano superare spregevoli stereotipi che hanno arrecato grave danno alla scuola statale e alla sua funzione.
Nella scuola italiana c’è “un’altra” scintilla che non si spegne mai e che permette alla nostra scuola, malgrado il disinteresse di chi dovrebbe valorizzarla, di mantenersi viva e capace di portare avanti la propria missione. Questa scintilla è alimentata ogni giorno dalla passione dei docenti per l’insegnamento e che non ha cessato di brillare neanche quando, per decisione del Governo, le attività didattiche sono state sospese. Una passione che sta assicurando, anche fuori dalle aule scolastiche e della tipicità della prestazione lavorativa, la continuità della relazione educativa. Ma la scuola, aggiunge il ministro «è baluardo della democrazia, custode dei diritti ed esempio dei cittadini», donde, neanche in questo momento, pur eccezionale, si può prescindere, senza legittimare, per converso, la negazione della democrazia e il sistema di norme poste al suo presidio.
Ci sta dicendo che anche nel campo scolastico l’eccezionalità della situazione ha indotto qualcuno ad andare un po’ sopra le righe delle sue competenze?
Nel DCPM del 4 marzo 2020, la disposizione di cui all’art. c. 1, lettera g) «i dirigenti scolastici attivano, per tutta la durata della sospensione delle attività didattiche nelle scuole, modalità di didattica a distanza», non ha come corollario per i docenti l’obbligo giuridico di svolgere attività didattica a distanza, per la semplice ragione che non vi sono norme, di rango primario o secondario o di natura pattizia che pongano a loro carico un tale obbligo. Difatti, per come afferma il Capo dipartimento del Ministero dell’Istruzione, nella Nota 388 del 17 marzo 2020, non si tratterebbe di ancorare tali attività all’«adempimento formale, perché nulla di meramente formale può essere richiesto», bensì «alle coordinate essenziali dell’azione del sistema educativo» che «sollecita l’intera comunità educante …. a continuare a perseguire il compito sociale e formativo del “fare scuola”, ma “non a scuola”».
Difatti, il lavoro enorme che i docenti stanno svolgendo in questi giorni, per evitare che alla tragedia umana e sociale che sta investendo migliaia di famiglie possa aggiungersi anche quella di una interruzione del percorso di apprendimento, poggia proprio su queste coordinate. Ciò che guida il loro impegno, oggi come ieri, altra spinta non ha che l’etica della responsabilità che da sempre ha caratterizzato la professione docente ed ha evitato ogni forma di cedimento e di abbandono, pur nella marginalità della condizione professionale e nella dimensione miserevole delle retribuzioni.
Nello specifico, quali sono i debordamenti che avete avuto modo di osservare?
Intanto, sconcerta la mole di ordini di servizio e le reiterate note con le quali si cerca di emulare nella didattica a distanza, orari e adempimenti tipici dell’attività svolta in presenza nelle aule scolastiche, ignorando quanto disposto dal citato Dpcm. Si realizza così un’indebita interferenza nella libertà di insegnamento, garantita dall’art. 33 della Costituzione, che non è soppressa, né sospesa, oltreché una singolare traslazione autoritaria del rapporto di lavoro in ambienti privati, con una grave ed intollerabile ingerenza anche su beni privati e su servizi pagati dai docenti.
Per di più, appare inverosimile che possa essere stato chiesto ai docenti di apporre la firma di presenza sul registro elettronico, in regime di sospensione delle attività didattiche. Il registro di classe è qualificato quale “atto pubblico avente fede privilegiata e come attestazione riguardanti attività compiute da pubblico ufficiale che redige l’atto di fatti avvenuti alla sua presenza o da lui percepiti” (Cassazione n. 47241del 21/11/2019 – V Sezione Penale). Per cui, stante la sospensione delle attività didattiche, con l’apposizione della firma si porrebbero in essere i reati di cui agli artt. 476, 479 del c.p., oltre quello di cui all’art. 414 c.p. per chi induce a commetterli.
Ovviamente, ci auguriamo che, dopo questa prima fase di approccio ad una problematica per molti nuova, si procederà nel rispetto dei diritti e delle prerogative di ognuno. Diversamente, l’Associazione Nazionale Docenti non esiterà ad inoltrare, per le situazioni che ci verranno segnalate, le opportune comunicazioni agli Uffici sovraordinati, affinché vengano adottati i necessari provvedimenti. Così, se richiesto e ne ricorrano i presupposti, non lasceremo soli i docenti e agiremo nelle opportune sedi giudiziali a tutela della loro autonomia professionale e della libertà di insegnamento. Naturalmente, siamo fiduciosi che prevalga lo spirito di collaborazione e il buon senso di tutti e che la comunità scolastica possa continuare serenamente ad assicurare il diritto costituzionale all’istruzione, quale diritto incomprimibile di ogni cittadino.