Si parla tantissimo di attività di didattica distanza: ma di quali attività formative stiamo in realtà parlando? Quali modalità pedagogiche devono essere adottate? Quali strumenti devono essere utilizzati? A queste domande, ha provato a rispondere il 17 marzo il ministero dell’Istruzione, pubblicando la nota. n. 388 del 17 marzo, a firma del neo capo dipartimento Marco Bruschi.
Nella sezione dedicata al tema, si premette che “qualsiasi sia il mezzo attraverso cui la didattica si esercita, non cambiano il fine e i principi. Nella consapevolezza che nulla può sostituire appieno ciò che avviene, in presenza, in una classe, si tratta pur sempre di dare vita a un ‘ambiente di apprendimento’, per quanto inconsueto nella percezione e nell’esperienza comuni, da creare, alimentare, abitare, rimodulare di volta in volta”.
Il capo dipartimento si sofferma, quindi, sulle diverse esperienze possibili che rappresentano delle forme di didattica on line: “Il collegamento diretto o indiretto, immediato o differito, attraverso videoconferenze, videolezioni, chat di gruppo; la trasmissione ragionata di materiali didattici, attraverso il caricamento degli stessi su piattaforme digitali e l’impiego dei registri di classe (ovviamente elettronici n.d.r.) in tutte le loro funzioni di comunicazione e di supporto alla didattica, con successiva rielaborazione e discussione operata direttamente o indirettamente con il docente, l’interazione su sistemi e app interattive educative propriamente digitali: tutto ciò è didattica a distanza”.
Come già indicato con a nota 279 dell’8 marzo, nella parte intitolata proprio “Attività didattica a distanza”, il ministero torna a ribadire che al docente non basta inviare ai propri alunni dei materiali o delle dispense on line per dire che sta attuando la didattica on line.
Ecco, perchè supporto del registro elettronico, i docenti hanno bisogno di utilizzare una delle piattaforme telematiche create per questo scopo.
Il capo dipartimento Marco Bruschi non usa giri di parole per esprimere il concetto: “Il solo invio di materiali o la mera assegnazione di compiti, che non siano preceduti da una spiegazione relativa ai contenuti in argomento o che non prevedano un intervento successivo di chiarimento o restituzione da parte del docente, dovranno essere abbandonati, perché privi di elementi che possano sollecitare l’apprendimento”.
Quindi, il dirigente ministeriale spiega l’indispensabilità, nel praticare la didattica praticata da casa, in questi giorni di emergenza per via del Coronavirus, di provvedere a soddisfare “uno o più momenti di relazione tra docente e discenti, attraverso i quali l’insegnante possa restituire agli alunni il senso di quanto da essi operato in autonomia”.
Tale dinamica, di interazione continua, invio e ritorno dei materiali – è anche “utile anche per accertare, in un processo di costante verifica e miglioramento, l’efficacia degli strumenti adottati, anche nel confronto con le modalità di fruizione degli strumenti e dei contenuti digitali – quindi di apprendimento – degli studenti, che già in queste settimane ha offerto soluzioni, aiuto, materiali”.
L’ideale, pur consapevole delle difficoltà oggettive, anche in fase di fruizione oltre che organizzativa, rimane l’allestimento della “modalità in ‘classe virtuale’”.
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