Inizio pandemia: gli insegnanti attivano la dad. Slancio volontaristico accompagnato da timori, dubbi, sperimentazioni ed entusiasmi.
Plauso del Miur, insegnati soddisfatti e inizio di un possibile idillio.
Passo successivo: per Decreto legge del 9 aprile la dad da volontaria ‘va assicurata’, che tradotto in termini più chiari, significa che di fatto diventa “obbligatoria”. Provvedimento discutibile, in quanto ad una buona fetta di discenti non è per nulla “assicurata” per carenza di supporti informatici e scarsa connettività.
Prime incrinature dell’accordo insegnanti e Miur. Nuovo iniezione di fiducia: pc e tablet sono distribuiti alle famiglie meno abbienti, ma questo non annulla il digital device.
Intanto la bufera Covid infuria.
Passo successivo: tentativo del Miur di equiparare a tutti gli effetti la dad alla didattica in presenza.
Ma gli insegnanti sanno bene che non è così, le due didattiche non sono assolutamente equiparabili. Dieci ore a distanza non ne valgono una in presenza. Le incrinature tra docenti e Miur si fanno più profonde. Sono trascorsi appena due mesi dall’inizio di una storia che sembrava promettente, ma che ora mostra le lue spine e non è giunta al termine. Infatti, con trepidazione accompagnata da disillusione, i docenti aspettano di conoscere le ultime decisioni riguardo il futuro imminente e prossimo della scuola: esami di stato e rientro a settembre. Gli scenari non sono tranquillizzati. Si profila un esame in presenza, senza ancora alcun protocollo di sicurezza, e un rientro a settembre con classi che si alterneranno tra presenza e remoto. Questa storia tra docenti e Miur rischia di finire nel peggiore dei modi. Cinematograficamente parlando due sono i titoli da citare con qualche licenza: La classe insegnante va in paradiso (qualora dovesse prevalere l’ipotesi di un esame in presenza senza tutele per la salute) e L’allenatore nel pallone (in riferimento alla gag in cui Banfi propone improbabili schemi di gioco come quelli che si preparano a settembre nelle scuole).
L’idillio è finito. Cessano le parole che hanno sapore di umanità e riprendono i dictat burocratici: finire i programmi ministeriali e assegnare voti.
Ultima scena in dissolvenza: “C’eravamo tanto amati”.
Annunziata Sorrentino
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