Andrea (nome di fantasia) è un ragazzo affetto da una grave forma di autismo non verbale. Quest’anno frequenta (o potremmo meglio dire “frequentava”?) la Scuola Secondaria di primo grado del nostro Istituto. E’ sempre venuto a scuola volentieri: la mattina, al suono della campanella, entrava in classe per primo e andava a occupare il suo posto vicino alla finestra dal quale osservava tutto quello che succedeva fuori.
La scuola era per lui un punto di riferimento importante, un luogo protetto nel quale poteva interagire con adulti e compagni. Andrea aveva dei comportamenti molto affettuosi, gli abbracci e i baci erano entrati a far parte del suo “bagaglio comunicativo”, e col passare del tempo le reazioni oppositive, frequenti all’inizio del percorso scolastico, si erano piano piano attenuate, con grande soddisfazione dei suoi docenti.
A scuola gli piaceva molto svolgere attività in piccoli gruppi: tagliare, incollare, disegnare, colorare, ascoltare la musica, ballare e andare in palestra.
Ma improvvisamente una mattina, Andrea si è svegliato in un mondo diverso: un mondo dove non si andava più a scuola, ma si doveva restare tutto il giorno a casa, dove le uniche interazioni erano quelle con i suoi genitori.
Le abitudini nei ragazzi autistici sono difficili da modificare e i cambiamenti improvvisi possono mandarli in “tilt”; infatti così è stato. Non comprendendo il perchè di questa reclusione forzata, Andrea ha ripreso a manifestare i comportamenti oppositivi che aveva faticosamente abbandonato, e i suoi cambiamenti repentini e incontrollati dell’umore sono sfociati in manifestazioni aggressive nei confronti dei genitori e degli oggetti.
Il suo neuropsichiatra infantile ha prontamente redatto un certificato per permettergli di uscire di casa seppure per poco tempo con uno dei genitori, ma questo non gli è stato sufficiente a ritrovare un minimo di equilibrio, tanto che in alcuni casi è stata necessaria la somministrazione di farmaci per mantenerlo calmo. I genitori, in una situazione così, si sono sentiti impotenti e fortemente sofferenti: la frequenza scolastica che fino ad allora era stata per loro un sollievo emotivo ed anche fisico era venuta a mancare.
In questa situazione così pesantemente difficile gli insegnanti si sono prontamente attivati per mantenere una relazione con l’alunno e anche con la famiglia, per farli sentire parte di un tutto. I contatti con la famiglia sono stati costanti, pressochè giornalieri: il supporto era garantito da telefonate che servivano per rassicurarli, consigliarli e supportarli.
I suoi docenti hanno iniziato ad adottare, come per il resto della classe, una metodologia di didattica a distanza, inviando regolarmente ad Andrea proposte di attività che poteva svolgere on-line affiancato da un genitore, tanto che in momenti relativamente tranquilli qualcosa è riuscito anche a fare.
Ma per ragazzi autistici gravi la didattica a distanza è difficile da seguire e soprattutto “da capire”: certe condizioni di divers-abilità necessitano di contatto fisico, e di una gestione educativa e didattica in presenza, infatti il Pc e la piattaforma on-line non possono sostituire il rapporto diretto con il docente, che per lui rimane comunque assente a livello fisico.
I docenti hanno anche inviato ad Andrea alcuni video divertenti nei quali erano loro stessi protagonisti, per fargli sentire la vicinanza, per dirgli ” noi ci siamo”, e lui li ha guardati, anche se per poco tempo. Ma la situazione non resta per niente facile: i ragazzi con disturbo dello spettro autistico, come lui sono particolarmente indifesi dal punto di vista sociale e comunicativo, e questa situazione ha tolto loro le sicurezze di base sulle quali si reggeva una situazione che era arrivata ad essere “relativamente” stabile.
La vera inclusione per questi studenti si può realizzare soprattutto con un lavoro di vicinanza quotidiana e di contatti fisici “reali” con le persone che o circondano, altrimenti i vincoli affettivi si allentano e le interazioni familiari quotidiane possono degenerare.
Purtroppo questa emergenza ci ha condizionato tutti indiscriminatamente: ha alterato gli equilibri personali e le nostre modalità di vivere rapporti sociali, arrivando a sostituire il contatto fisico con il contatto virtuale.
E questa situazione non è comprensibile allo stesso modo da tutti i nostri studenti.
Renata Mentasti
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