La didattica a distanza? Procede, con alti e bassi, difficoltà e leggerezze, speranze e pessimismo. In attesa che il virus smetta la sua ferale azione e si torni alla normalità. E non solo nella scuola, ma in tutto il Paese che ormai sembra piegato alle sue terribili bizze.
E mentre l’Italia si chiude a casa, per impedire il contagio, continua pure il rapporto a “distanza” tra scuola e alunni, tra professori e allievi, a distanza, come ciascuno di noi sta a distanza l’uno dall’altro.
E siccome, come è ben noto, tra circa 800 mila docenti, migliaia di dirigenti e alcuni milioni di alunni c’è sempre qualche fuga di comportamento non in linea con i principi etici e di comportamento, ecco allora che degli scolari di un liceo si sono inventati una leva di hackeraggio, attraverso la quale sono entrati nel sistema informatico, creando qualche subbuglio.
Come? Molto semplice per chi ne conosce i marchingegni.
È noto che all’interno della lezione a distanza, e dunque della classe virtuale, c’è il “moderatore”, nel nostro caso il docente, che gestisce i collegamenti dei suoi allievi, li chiama, ne verifica l’identità e soprattutto impedisce che si creino intromissioni esterne e interferenze senza il suo controllo.
Ebbene, uno, o più alunni, di questo liceo è riuscito a entrare nel sistema, sostituendosi al moderatore e dunque il suo prof, cosicché ne ha sballato tutto l’impianto didattico, assegnando compiti e oscurando anche qualche suo compagno che era in effetti in linea, ma non lo era per il docente.
Il quale, invece di moderare, veniva moderato. In pratica per un po’ di tempo la classe virtuale è entrata in stallo, prima di capire cosa stesse succedendo.
Sul versante dei docenti vengono altre storie paradossali. Come la storia delle assenze virtuali nella classe virtuale.
Ci sarebbe un prof, infatti, che ogni mattina, alle 8,15 in punto, prende il telefono e chiama tutti i ragazzi, uno per uno, imponendo loro di mettersi davanti al computer per la lezione. E se manca qualcuno all’appello, non ha indugio a mettere assente: dove? Sul registro elettronico. Con quale finalità? Non è dato sapere.
E se un giorno non si presentasse nessuno all’appuntamento on line?
Un altro prof, invece, siccome ha sentito dire che bisogna valutare gli alunni con scienza e coscienza, garantendo l’originalità dell’interrogazione e l’effettiva conoscenza dei contenuti, imponeagli allievi , sic et sempliciter, di spegnere le luci della stanza, dove è collegato col computer, oppure di bendarsi. In modo da evitare che sbirci su altre fonti, non visibili al monitor.
E ciò ottenuto, il prof “interroga” via Skype, chiedendo magari date o formule o brani di poesie: non sappiamo.
In ogni caso, secondo la sua Weltanschauung, in questo modo lo scolaro non può leggere da nessuna parte le risposte, dimenticando però che un semplicissimo micro-auricolare può fare alla bisogna.
Probabilmente, è il bello (o il brutto) della scuola di massa.
E siccome la nostra scuola è una scuola di massa, nella massa, come affermava anche Palmiro Togliatti, c’è un po’ di tutto, compreso qualche ingenuo: alimentando una specie di malaria, che colpisce il sistema immunitario dell’intelligenza.
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