La decisione, contenuta nel Dpcm firmato nella notte dal premier Giuseppe Conte, di introdurre la didattica a distanza indistintamente per almeno tre quarti delle attività scolastiche settimanali non piace proprio al presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli.
“Non si può imporre alle scuole qualcosa che sono i dirigenti di istituto a dover decidere. L’autonomia scolastica è in pieno vigore ed è tutelata dalla Costituzione, e serve a far sì che ogni scuola offra un’offerta formativa calibrata sulle diverse esigenze del territorio”, ha detto il leader del primo sindacato dei presidi in Italia all’agenzia Ansa.
Secondo Giannelli, “imporre vincoli nazionali e regionali contravviene al principio legale, perché quello che si decide in una grande città non va bene per i piccoli centri, le periferie o i centri rurali”.
“Pensiamo ai ragazzi che frequentano istituti tecnici: il 50% di loro frequenta laboratori e se si dovesse avverare una didattica superiore al 75% il contenuto del loro diploma si svilirà”, aggiunge Giannelli.
Il numero uno dell’Anp ribadisce per l’ennesima volta che “la scuola, anche secondo l’Iss, non è un veicolo di diffusione del contagio”: una circostanza ribadita anche dalla ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina.
Poi il leader dell’Anp pone delle domande: “I trasporti non ce la fanno? Compriamo più bus. Le Asl non ce la fanno a fare tracciamenti? Rinforziamole. Le scuole aperte, ricordo, sono garanzia di monitoraggio”.
Insomma, lasciare a casa gli alunni era l’ultima cosa da fare: invece è stata tra le prime, almeno alle superiori.
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