L’abitazione è un luogo di lavoro? La sicurezza come viene configurata? E la privacy? Un’ora di lezione in presenza equivale ad un’ora on line? La DAD è diversa dalla DID?
L’esposizione al video di docenti ed alunni come va regolamentata? Come si garantisce la vigilanza ? E gli infortuni sul lavoro?
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Queste sono alcune delle domande che secondo la Uil Scuola sono state lasciate aperte dal contratto sulla didattica a distanza.
“Siamo in una situazione in corsa, ma questo non significa che non dobbiamo pensare in quali condizioni stanno lavorando gli insegnanti, altro che stress da lavoro correlato” – osserva Pino Turi, segretario generale della Uil Scuola, tra le sigle che ieri hanno deciso non sottoscrivere il contratto integrativo sulla didattica integrata digitale.
“Il lavoro agile – continua Turi – è su base volontaria, ma nella scuola non si applica. La dad, didattica digitale a distanza, è didattica di emergenza. La did, didattica integrata digitale, è didattica oltre l’emergenza. E’ prevista da un atto amministrativo, le linee guida delle scuole superiori e presuppone che le scuole siano aperte, serve ad integrare la didattica in presenza. Altrimenti si passa alla didattica a distanza che è altro”.
La Uil Scuola denuncia la frettolosità con cui è stato gestito il contratto. “Ci sarebbe bisogno del supporto di pedagogisti, psicologi, legislatori, giuristi, per inquadrare in un contratto in un mondo che sta cambiando, aumentando la sua già alta complessità. Le relazioni stanno cambiando, così i luoghi di lavoro, la professionalità docente si sta trasformando. Quello che dobbiamo mettere in sicurezza sono le condizioni personali e ciò che dobbiamo far funzionare sono le dimensioni strumentali, Insieme. Con saggezza, sulla base dei dati e delle condizioni oggettive. Per noi la vera scuola è in presenza, ma anche in sicurezza sanitaria e professionale“.