Insegnare agli studenti le soft skills, le “competenze trasversali”. Ad iniziare dalla capacità di lavorare in equipe e di sviluppare l’attitudine al problem solving.
È il progetto in cui credono i componenti del CdO Opere educative-Foe, che il 20 aprile a Roma ha promosso, assieme all’European Council of National Associations of Independent Schools, un convegno per parlare di formazione e soft skills con i rappresentanti di scuole “indipendenti, libere, paritarie di oltre quindici Paesi”.
L’obiettivo di fondo, hanno spiegato i promotori dell’evento, è quello di preparare gli studenti ad affrontare meglio il loro futuro e a essere cittadini attivi: un fine che, sostengono, passa per l’acquisizione di competenze ulteriori rispetto a quelle tradizionali, legate alle discipline comuni come italiano, matematica, le lingue e le materie tecniche.
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Il presidente della Foe, Marco Masi, ha detto che “l’attenzione alle soft skills da parte delle scuole paritarie italiane può diventare l’evidenza di come l’autonomia è capace di promuovere un sistema educativo che risponda ai bisogni umani e culturali degli studenti. Come pure ai bisogni del mondo del lavoro e della società intera”.
“Non si può più insegnare in maniera mnemonica – ha osservato Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà – ma bisogna costruire la personalità degli studenti. Questo vuol dire autonomia della scuola, non va bene la scuola generalizzata. Non la si può dirigere dal ministero dell’Istruzione. L’Italia rischia di rimanere indietro rispetto agli altri paesi, perché affronta il problema in maniera ideologica”.
“Al centro della scuola – ha concluso Elena Centemero, responsabile scuola di Fi – si deve mettere la formazione degli studenti. La ‘Buona scuola’ ha posto al centro il personale e l’ha assunto indipendentemente dalle competenze di ciascuno. Serve un’inversione” e serve “libertà di scelta educativa, che è autonomia vera”.
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