La Storia, oramai disciplina unita all’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione, vive, per ragioni culturali, mediatiche e produttive, una situazione di marginalità nel panorama formativo, essendo divenuta complementare alla Letteratura. Lo studio degli strumenti, delle fonti, del pensiero storico si sono ridotti a seguire un programma, un manuale, dei programmi e delle indicazioni obsolete e dalla periodizzazione scadenze, trasformando di fatto la disciplina storica in un ammasso informe di cronologie casuali, personaggi piazzati a rappresentanza di periodi, ad una dimensione contemporanea spesso non analizzata globalmente. Luigi Belinguer, Ministro dell’Istruzione con le sue Indicazioni, ha espressamente richiesto, così come l’omologo Fioroni, di collocare l’attenzione disciplinare sulla contemporaneità, avvalendosi di fonti coinvolgenti, stimolanti e attrattive per gli studenti, con l’obiettivo prima di tutto di formarli (ed informarli) degli sviluppi del presente e del passato, identificando i fenomeni, acquisendo un linguaggio appropriato ma soprattutto cercando di stimolare il pensiero critico, insegnando loro a pensare storicamente, attraverso abilità, attitudini e nozioni acquisite in classe o altrove. Lo scoppio di un conflitto alle porte d’Europa e l’infodemia derivante dal discorso pubblico – sovrapposto a quello di matrice storiografica – riafferma l’esigenza di insegnare una “storia facile per tutti” (Scataglini).
Lo studio del New York Times: didattica per una guerra alle porte d’Europa. I suggerimenti per Jingsaw Mentre la F. Russa dichiara l’inizio delle proprie operazioni speciali nel territorio ucraino – e milioni di ucraini e russi del Donbass divengono stranieri in casa propria e rifugiati nelle nazioni vicine – la didattica in tutto il continente europeo è continuata senza impatti particolari. In questa grande lezione storica, gli studenti scelgono tra tre articoli recenti che guardano a “una guerra così vicina a casa” dal punto di vista di insegnanti, studenti e genitori siti in Polonia, Germania, Danimarca, Inghilterra e altri paesi europei. Dopo che la classe ha discusso di ciò che ha imparato, si riunisce per discutere dell’importanza dell’istruzione nella società in generale, anche – o forse soprattutto – durante la guerra. Tale metodologia, ideanta da Aranson e Slavin, nota come Jingsaw, permette alla classe di cooperare attivamente ed essere suddivisa in più gruppi i quali si interessano ad un aspetto proprio del tema (ideale una classe di 25 studenti per 5 gruppi distinti). Un esempio fattivo e attuale per il conflitto in corso: il primo gruppo può occuparsi di una visione complessiva sulla guerra, il secondo sul passato delle ostilità, il terzo sugli effetti su commerci e rapporti geopolitici, il quarto sull’emergenza umanitaria scatenatasi, mentre il quinto può far luce sulle responsabilità.
Le testimonianze e i suggerimenti raccolti dal quotidiano statunitense: giochi, dialogo, attività di gruppoLa testata ha raccolto molti contributi di insegnanti negli Stati Uniti in diverse materie e livelli che descrivono i modi in cui stanno aiutando i loro studenti a comprendere questo conflitto, le sue radici e gli effetti. Fondamentali, a livello della formazione primaria, nel suo complesso, sono le Indicazioni Ministeriali per paese di riferimento e l’utilizzo delle piattaforme interattive. Per la seconda ogni alunno dovrebbe avere un proprio accesso, anche suddiviso per gruppi, in cui portare a compimento delle attività assegnate dal docente di riferimento, secondo la logica dello Jingsaw. Questo prevederebbe anche lo svolgimento di attività ludiche, con poche e semplici regole: nessuno escluso, tutti partecipi. Tale metodologia è stata anche rivisitata con l’indizio di far interpretare i personaggi – o movimenti – dai singoli gruppi di studenti, in modo tale da favorire l’impersonificare, il divertimento ed il conseguente coinvolgimento in sede di didattica. Raccolta anche l’opinione di un docente: “Un passo decisivo per insegnare i fatti attuali è notare che i tuoi studenti devono parlarne. Me ne sono reso conto durante la quarta ora giovedì 24 febbraio, quando i miei alunni di decima erano più cupi del solito. Esprimono questa tristezza aggrottando le sopracciglia e sospirando e non consegnando alcun lavoro. La tristezza di giovedì 24 febbraio è stata caratterizzata da aggrottare e sospirare ancora di più, oltre a qualcosa di nuovo, uno sguardo di panico represso, come se molti bambini stessero per urlare. Di cosa si tratta, mi sono chiesto, fino a quando uno studente eccezionalmente cordiale mi ha chiesto: “Allora, qual è la sua opinione sulla terza guerra mondiale?””.
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