Dal pomeriggio del 4 marzo, giorno in cui, dando seguito alle disposizioni, la scuola dove insegno è stata chiusa, in contatto con alcuni colleghi con cui condividiamo funzioni strumentali per le nuove tecnologie e l’animazione digitale, ci siamo messi al lavoro, immaginando che la scuola non avrebbe riaperto dopo pochi giorni. Abbiamo inquadrato il problema della Didattica a Distanza da subito come una Didattica in Emergenza e non come DaD di normale gestione.
Questo semplice concetto, ovvero che ci troviamo a fare scuola a distanza per un’emergenza inaudita, da numerose quanto tristi testimonianze, appare evidente che non è stato minimamente accolto da buona parte del mondo della scuola.
Nella nostra realtà scolastica, partendo da una scarsissima operatività nell’ambito della Didattica Digitale, in meno di una settimana, abbiamo creato un progetto di DaD, in cui abbiamo coinvolto la totalità dei colleghi, degli alunni e delle famiglie, lavorando fino a 12 ore al giorno, consapevoli che le nostre proposte sarebbero state valide se, e solo se:
- dessero a tutti le stesse possibilità
- fossero di facile applicazione
- tenessero conto della situazione tragica e assolutamente eccezionale che tutti stiamo vivendo. Con una certa apprensione abbiamo atteso e poi letto la circolare ministeriale del 17 marzo scorso, esultando infine perché le linee guida espresse corrispondevano a tutto tondo con le modalità da noi proposte, vieppiù confortati dalle successive indicazioni anche in merito alla valutazione e quant’altro.
Personalmente trovo a dir poco scandaloso che ad oggi pervengano testimonianze di colleghe e colleghi che interrogano i ragazzi in video conferenza bendati per non ricevere suggerimenti o leggere sul libro, che impongono verifiche scritte da effettuarsi con due device uno dei quali inquadri la stanza vuota e la porta chiusa, che DS pubblichino regolamenti che disciplinano le lezioni live i quali prevedono sanzioni disciplinari in caso di mancato rispetto degli stessi
(regolamenti poi che dovrebbero essere approvati da un consiglio d’istituto che in questo periodo non ha potere verbalizzante in video conferenza).
Questi solo alcuni esempi di molteplici allucinanti manifestazioni della solita stantia didattica repressiva tale anche in tempi normali, profondamente inefficace, che assurgono, in questo periodo di epocale ed estrema gravità, a modus operandi degni di una scuola di cui vorrei semplicemente non avere nulla a che fare.
Una modalità che annulla la parte fondativa dell’azione didattica, ovvero l’empatia, la capacità di calarsi nella vita degli altri, la capacità di educare, ovvero “condurre oltre” gli alunni ad una formazione di uomini e donne che sappiano capire, oltre che sapere, una didattica di relazione di mantenimento che sappia comprendere ci che possa voler dire potenziali disagi, difficoltà, fragilità che una pandemia come quella che stiamo vivendo pu sollecitare, in bambini, ragazzi, genitori, in tutti noi.
Cesare Del Prato