La didattica digitale è sicuramente uno dei capisaldi futuri della scuola, sia pubblica che privata: su quali strumenti tecnologici possano essere utilizzati, ad iniziare dello smartphone, le idee sono diverse.
In altri Paesi, come la Finlandia, ogni alunno avrebbe il suo computer o tablet, fornito dalla stessa scuola, e il discorso si potrebbe considerare chiuso. In Italia, invece, le cose vanno diversamente.
Mentre dal Miur, in particolare dalla ministra dell’Istruzione, si cerca di introdurre lo smartphone in modo sistematico, si allarga ogni giorno il popolo dei contrari: tra questi figura il giornalista Beppe Severgnini che sul Corriere della Sera domenica 17 dicembre ha chiesto di studiare meglio storia e geografia e non pensare allo smartphone in classe.
In attesa di comprendere quale strada percorrere, anche sulla base del responso che a gennaio fornirà la commissione incaricata da Viale Trastevere proprio sull’opportunità di utilizzare i cellulari in classe, e mentre altri Paesi, come la Francia, prendono le distanze dallo smartphone a scuola, assistiamo ad iniziative su scala locale che vanno ad incrementare le tecnologie scolastiche.
Come quella di cui si è reso protagonista il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni, che assieme all’assessore regionale all’Istruzione, Formazione e Lavoro Valentina Aprea, ha annunciato la volontà di consegnare lunedì 18 dicembre, in via sperimentale ad alcune scuole, le prime voting machine.
Si tratta di tecnologie utilizzate normalmente per il voto elettronico del Referendum per l’Autonomia: ora, sono state riadattate per l’utilizzo nella didattica digitale.
La domanda, allora, è: perché non fare altrettanto anche nelle altre regioni? Perché non riadattare anche in Veneto le voting machine utilizzate per il referendum dello scorso novembre? Perché non prevedere altrettanto, magari con fondi statali, anche per altre zone d’Italia, dove in futuro, speriamo presto, si utilizzeranno lo stesso genere di congegni elettronici on line per esprimere la propria preferenza elettorale?
Giriamo la domanda alle istituzioni, in particolare al prossimo Governo che si occuperà di scuola, e ai responsabili che si occupano del Piano nazionale di scuola digitale. Perché il tempo passa e nel frattempo tanti alunni continuano a studiare in classe come cinquanta anni fa: con docente che si avvale di lavagna e gessetti.
Ascolta subito la nuova puntata della rubrica “La meraviglia delle scoperte” tenuta da Dario De Santis dal titolo: “I Simpson, nel…
"Servirebbero più risorse per la scuola pubblica e per l'istruzione per garantire il diritto al…
I compiti a casa sono il momento del consolidamento e della rielaborazione delle conoscenze, e dell'esercitazione…
È partito il 21 scorso alle 15,10 da Torino Porta Nuova il "Sicilia Express", il…
Una aspirante partecipante al concorso ordinario PNRR 2024 della scuola primaria e infanzia, ci chiede…
Il 19 dicembre 2024 segna un passo decisivo per l’organizzazione del concorso docenti. Con una…