Sulla valutazione degli alunni attraverso la didattica distanza, La Tecnica della Scuola ha scritto già molto: in particolare, Anna Maria di Falco ha specificato che pensare a una valutazione da casa “di tipo sommativo non è una strada percorribile, perché questa modalità valutativa trova la sua sintesi in un voto che esprime un bilancio a posteriori sui traguardi effettivamente raggiunti o parzialmente raggiunti o non raggiunti da ogni studente. Quindi bisogna percorrere la strada più complessa, ma più significativa dal punto di vista culturale, quella della valutazione formativa”.
Il 31 marzo, sull’argomento si è espressa Camilla Sgambato, responsabile scuola del Pd, ricordando che non servono indicazioni dal ministero dell’Istruzione, né dai dirigenti, per stabilire quello che è un dato di fatto: i voti tradizionali agli alunni, intesi come numeri, non possono essere assegnati; largo, invece, ad indicazioni sull’andamento generale, soprattutto tendenti ad incoraggiare i progressi raggiunti e i contenuti più importanti da fare propri, anche con percorsi non tradizionali, vista la situazione di apprendimento del tutto anomala.
“Chiariamo una volta e per tutte – ha detto – che la valutazione formativa è finalizzata al miglioramento, tiene conto di ogni pur minimo progresso dell’allievo, ne incoraggia l’autonomia, ne loda l’impegno e la responsabilità”.
Sgambato, quindi, chiede: “Possiamo, almeno in questa fase, fare a meno dei voti numerici e provare a valutare magari argomentando con una frase?”.
Anche perchè i voti numerici, assegnati da casa, sarebbero oggetto di possibili contestazioni e, in casi limite, anche di ricorsi in tribunale: le motivazioni, del resto, non mancherebbero, considerando le variabili di scarsa oggettività che esistono con le valutazioni svolte da casa, avvalendosi delle tecnologie telematiche.
“Oggi è più importante lasciare tempo autonomo ai nostri studenti, consigliando letture o approfondimenti, piuttosto che dare esercizi, compiti, traduzioni, come se fossimo in una situazione normale”.
L’esponente dem non si attende, almeno su questo versante, delle precisazioni ulteriori del ministero dell’Istruzione, il quale si è peraltro già espresso, attraverso la nota. n. 388 del 17 marzo, a firma del capo dipartimento Marco Bruschi.
“Non credo servano” ancora “circolari ministeriali per comprendere – dice ancora Sgambato – che occorre diminuire il carico di lavoro quotidiano, e lasciare tempo e spazio per approfondimenti e ricerche individuali, per sperimentare nuove attività, antichi giochi, più profonde relazioni intrafamiliari, anche a seconda delle attitudini dei ragazzi”.
“Tutto ciò per garantire la vera missione della scuola: la “relazione educativa” tra docente e discente. Non servono circolari”, conclude la responsabile Scuola del Pd.
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