Un’efficace definizione di didattica speciale è la seguente: la didattica speciale corrisponde all’”arte” di istruire le persone che incontrano difficoltà nello svolgimento della vita familiare, scolastica e sociale, per renderle autonome nel pensiero e nell’azione (cit. Miriam Pertica in Didattica generale, di Mario Gennari, Bompiani editore).
La didattica speciale (che peraltro in questa chiave è intesa anche come pedagogia speciale), cioè, si pone l’obiettivo di rendere le persone con difficoltà in grado, in qualche modo, di pensare e di agire in ambito familiare, scolastico, sociale. Questo dunque è il compito del docente che abbia a che fare con alunni difficili, affetti da disturbi del comportamento, difficoltà di apprendimento, iperattività e quant’altro. È una didattica difficile, la didattica speciale, che comporta un lavoro impegnativo, molta pazienza, un approccio metodico ma flessibile nel contempo, grande motivazione e un assetto vario di competenze. E naturalmente è una didattica personalizzata, che necessita interventi mirati sulle specifiche esigenze apprenditive del singolo alunno; e più d’ogni altra è una didattica di team, che richiede l’approccio collaborativo e integrato di tutti i docenti, ognuno secondo il proprio ruolo e le proprie competenze, con una strategia comune che persegua gli stessi obiettivi o comunque obiettivi complementari.
La gestione di una situazione complessa, che sia individuale o relativa all’intera comunità classe, richiede innanzitutto un’adeguata capacità di decodifica e riconoscimento del problema. In altri termini, il docente prima di tutto deve distinguere tra una difficoltà temporanea, un disturbo congenito o una vera e propria patologia, così da attivare le risposte adeguate e i canali giusti, ricorrendo eventualmente a uno specialista per una diagnosi.
Fatto questo e a prescindere dalla gravità del problema in questione (che nei suoi aspetti estremi vedrà comunque l’intervento di un docente di sostegno), ogni educatore, qualunque sia il ruolo o la disciplina di appartenenza, dovrà potere fare riferimento a una sorta di protocollo di risposta comunicativo-relazionale a una situazione problematica, una buona prassi che diventi metodologia attiva, tale che si possa arginare un comportamento scorretto di un alunno e del gruppo classe o che lo si possa prevenire al primo segnale. Ma un comportamento è misurabile? Sì, e con esercitazioni guidate se ne acquisisce la competenza.
Su questi argomenti il corso del nostro formatore Marco Catania Gestione dei problemi comportamentali, in programma dal 16 al 23 settembre, dalle 16 alle 18:30.
Per saperne di più del corso: https://corsi.tecnicadellascuola.it/corsi/webinar/gestione-dei-problemi-comportamentali-6a-ed/
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