Egregio Direttore,
leggo di frequente il suo giornale e, in questi giorni, mi è capitato sotto gli occhi l’articolo “Studentesse ( magari minorenni) che restano incinte, che fare?” e volentieri, rispondo all’ autore che così bene ha sintetizzato il suo punto di vista.
IIn questo ambito, è molto raro trovare chi si ponga a difesa della vita poichè, a queste latitudini impera un laicismo quasi generalizzato, perciò sono rimasta piacevolmente impressionata apprezzando sia il coraggio, sia il tono leggero ma deciso e chiaro con i quali il docente abbia espressoun concetto di verità.
Nelle nostre scuole, avanza sempre più una mentalità positivista; nella fattispecie, alla scuola secondaria, i ragazzi già dal secondo anno vengono guidati in percorsi che vedono il coinvolgimento in uscite allo Spazio Giovani, dove, senza troppi preamboli, vengono illustrati loro tutti i metodi anticoncezionali e in casi estremi (gravidanze indesiderate), indicato l’aborto come rimedio efficace, sicuro quanto rapido per risolvere la situazione.
Non viene di certo detto ai ragazzi che una IVG è un intervento, farmacologico o chirurgico, pensato per eliminare la vita di un essere umano.
O che l’embrione non è un’appendice del corpo della madre, ma una vita preziosa che non si ripeterà più e, tantomeno, si fa accenno alle ripercussioni psicologiche che prima o poi arriveranno con la sindrome post aborto.Trovo più che appropriata pertanto, la definizione di Condannato a morte, riferita alla piccola vita che, essendo inerme, non può difendersi e non è più DIFESA in questa società che si accanisce contro i suoi figli mentre lamenta il calo delle nascite,la crisi previdenziale e l’incertezza del futuro.
A ragione, bisogna chiedersi, quale fiducia potrebbero avere i giovani in un mondo che insegna loro a rifiutare la vita fin dal suo presentarsi?Grazie al cielo, quelle due famiglie hanno voluto ascoltare il suo ispirato consiglio, accettando il parto in anonimato e con questo, ha trasmesso il messaggio che la Vita è sacra e va difesa con ogni mezzo, anche quando non fosse possibile accoglierla presso di sè.
Maria Cariati, membro del Comitato Prolife Insieme