Nella scuola di oggi l’appartenenza e il fare squadra sono valori professionali molto importanti.
Chi si dissocia e fa il bastian contrario, fino a diffamare la propria scuola, rischia il licenziamento. Infatti i doveri di fedeltà e correttezza che gravano sul lavoratore in ragione del suo rapporto d’impiego, in particolare quando si è docenti, sono principi fondamentali che ogni insegnante deve tenere sempre presenti, anche se sopraffatto da momenti di sconforto e amarezza. Infatti è utile ricordare che con la sentenza n. 24989 del 6 novembre 2013, la Corte di Cassazione ha definito legittimo il licenziamento di una insegnante che aveva criticato ripetutamente la scuola di appartenenza, diffamando la propria comunità scolastica e anche il dirigente scolastico. Nel caso in specie la docente, davanti a testimoni, aveva pesantemente criticato la gestione dell’Istituto e il grado di preparazione degli altri insegnanti, consigliando anche ad alcuni genitori di iscrivere altrove i figli.
Quindi deve essere chiaro che criticare la professionalità dei colleghi e la loro didattica, discreditare pubblicamente l’operato del proprio dirigente scolastico, oltre a definirsi una situazione di incompatibilità ambientale, determina una giusta causa per il licenziamento.
I rapporti tra lavoratori e datori di lavoro sono molto cambiati in questi ultimi anni, per tale motivo l’orientamento giurisprudenziale tende a dare ragione al datore di lavoro, soprattutto quando il lavoratore, convinto di avere tutte le ragioni di questo mondo, eccede con la critica superando i limiti del rispetto della verità oggettiva. Quando una docente supera il limite della verità oggettiva, diffamando l’ambiente di lavoro, buttando discredito sulla figura dirigenziale e anche su quella delle RSU, fantasticando, senza nessuna prova oggettiva, su un fantomatico complotto ai danni della stessa docente, allora si è arrivati ad una condotta così lesiva del decoro e della dignità della scuola e dei suoi rappresentanti, tanto da ledere definitivamente la fiducia che sta alla base del rapporto di lavoro, e ciò può costituire, come ci ricorda la Corte di Cassazione con la sentenza n.29008/2008, una giusta causa per il licenziamento.
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