Didattica

Diffidenza e scetticismo nuove materie scolastiche secondo lo scrittore Paolo Fallai? No, la scuola lasciamola perdere

Finisce un anno, un anno nuovo inizia. Come sempre in questi casi, è tempo di buoni propositi: e se tra i buoni intenti che ciascuno di noi, in cuor suo, formula, mettessimo anche quello di essere – nel 2025 – più scettici e diffidenti?

Ma come, direte voi, diffidenza e scetticismo non sembrano affatto dei buoni propositi di apertura al prossimo, accoglienza e disponibilità, come si converrebbe in questi casi!

Tuttavia, secondo Paolo Fallai – giornalista, scrittore e autore televisivo e teatrale – questi due atteggiamenti mentali dovrebbero addirittura essere insegnati nelle scuole. Ce lo spiega in un recente articolo pubblicato sul Corriere della Sera: non fidarsi ciecamente e chiedere sempre perché – sostiene lo scrittore – è il gioco più serio che ci insegnano i bambini.

La diffidenza – continua Fallai – dovrebbe essere una materia di studio. “Come succede spesso con le parole, siamo noi a colorare l’emozione che suscitano: la diffidenza può essere vista in modo grigio, come una rigida chiusura di chi non si fida del prossimo e quindi sceglie di non esporsi o con una spruzzata di azzurro come formula di prudenza. In fondo anche prima di attraversare la strada siamo accorti e diffidenti, mica c’è da fidarsi tanto del traffico. A buona ragione questa parola, con tutti i sentimenti che si porta dietro dovrebbe essere insegnata a scuola, per dare qualche strumento in più ai nostri ragazzi per difendersi dalle prime delusioni, nelle amicizie e negli innamoramenti”.

Ci permettiamo di dissentire, non siamo molto d’accordo con Paolo Fallai, che comunque ha ragione da vendere quando, nello stesso articolo, afferma che scetticismo e diffidenza dovrebbero essere sempre presenti e vigili in un buon giornalista che ha l’obbligo di verificare se una notizia è vera o falsa e a cosa tendano le risposte di certi personaggi nel caso di un’intervista.

Ma la scuola lasciamola perdere. A parte il fatto che il gioco del perché dei bambini non è sintomo di diffidenza né di scetticismo ma soltanto di grande curiosità (che purtroppo per vari motivi è destinata a scemare col passare del tempo), bisogna aggiungere che i bambini non sanno neanche cosa siano diffidenza e scetticismo, tanto sono aperti e fiduciosi verso gli altri. Lungi dal diffidare, si fidano.

Non siamo neanche d’accordo quando Fallai sostiene che imparare la diffidenza a scuola servirebbe a “dare qualche strumento in più ai nostri ragazzi per difendersi dalle prime delusioni, nelle amicizie e negli innamoramenti“. Ma quell’età l’abbiamo vissuta tutti, quel meraviglioso periodo che va dai 14 ai 18 anni, in buona sostanza gli anni del liceo. Avete mai visto un adolescente che affronta il primo amore con prudenza, cautela e misura per evitare che un’eventuale delusione possa fargli male? Noi, no.

Gabriele Ferrante

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