E’ stata pubblicata oggi, 24 ottobre 2024, la nuova lettera enciclica di papa Francesco intitolata Dilexit Nos
Si tratta di un testo lungo e complesso, densissimo di citazioni e riferimenti teologici, scritturistici, esperienziali e filosofici dedicato al “cuore di Gesù Cristo”, alla sua devozione e al messaggio che esso consegna non solo ai credenti ma al mondo intero.
Si tratta decisamente di una enciclica rivolta in modo particolare ai credenti e ai fedeli ma sono moltissimi i passaggi che si prestano ad essere letti come chiara presa di posizione non solo sul mondo contemporaneo e la sua storia sempre più insanguinata ma sulla cultura che lo anima e sulle sue basi da rimettere in discussione.
Il “cuore” al centro della riflessione del papa
L’idea di fondo dell’enciclica è la consapevolezza che «il modo in cui Cristo ci ama è qualcosa che Egli non ha voluto troppo spiegarci. Lo ha mostrato nei suoi gesti. Guardandolo agire possiamo scoprire come tratta ciascuno di noi…» (n. 33).
E poco prima aveva scritto “Il Cuore di Cristo, che simboleggia il suo centro personale da cui sgorga il suo amore per noi, è il nucleo vivo del primo annuncio. Lì è l’origine della nostra fede, la sorgente che mantiene vive le convinzioni cristiane” (32).
Ma che cosa si intende per “cuore”?
E’ proprio qui – a mio parere – la parte di messaggio che assume valore e rilevanza anche per chi non si riconosce nel cristianesimo e nell’esperienza di fede.
Il pontefice, al n. 2 dell’Enciclica, scrive: “Per esprimere l’amore di Gesù si usa spesso il simbolo del cuore. Alcuni si domandano se esso abbia un significato tuttora valido. Ma quando siamo tentati di navigare in superficie, di vivere di corsa senza sapere alla fine perché, di diventare consumisti insaziabili e schiavi degli ingranaggi di un mercato a cui non interessa il senso della nostra esistenza, abbiamo bisogno di recuperare l’importanza del cuore. Cosa intendiamo quando diciamo “cuore”?”
Andrea Tornielli, commentando su Vatican news l’uscita della Enciclica, scrive: “Figli come siamo del razionalismo greco, dell’idealismo postcristiano, del materialismo, e oggi nella cultura liquida dell’individualismo (n. 10), facciamo fatica a comprendere fino in fondo che il cristianesimo non è riducibile a una teoria, a una filosofia, a un insieme di norme morali e nemmeno a una sequenza di emozioni sentimentalistiche. È, invece, l’incontro con una Persona viva”.
La parola cuore ha una lunghissima tradizione nella cultura e “..il cuore ha il pregio di essere percepito non come un organo separato, ma come un intimo centro unificatore e, allo stesso tempo, come espressione della totalità della persona, cosa che non succede con altri organi del corpo umano” (55).
Il cuore è, in sostanza, la perfetta rappresentazione e sintesi della complessità di ogni persona umana: “in ultima analisi, io sono il mio cuore, perché esso è ciò che mi distingue, mi configura nella mia identità spirituale e mi mette in comunione con le altre persone. L’algoritmo all’opera nel mondo digitale dimostra che i nostri pensieri e le decisioni della nostra volontà sono molto più “standard” di quanto potremmo pensare. Sono facilmente prevedibili e manipolabili. Non così il cuore”.(14)
L’uomo contemporaneo pare spesso agire senza armonia, esasperando la dimensione razionale-tecnologica o, all’opposto, quella istintuale (9).L’armonia, ovvero l’unitarietà dell’essere, può tuttavia essere ritrovata, seguendo la lezione di Heidegger riletto da Byung-Chul Han, proprio nel cuore, che «ospita gli stati d’animo, lavora come “custode dello stato d’animo” e “la silenziosa voce” dell’essere, lasciandosi temperare e determinare da essa” (16).
Costruire la casa degli ospiti
E’ il cuore che unisce i frammenti e al tempo stesso rende possibile qualsiasi legame autentico, perché una relazione che non è costruita con il cuore è incapace di superare la frammentazione dell’individualismo: si manterrebbero in piedi solo due monadi che si accostano ma non si legano veramente. L’anti-cuore è una società sempre più dominata dal narcisismo e dall’autoreferenzialità. Alla fine si arriva alla “perdita del desiderio”, perché l’altro scompare dall’orizzonte e ci si chiude nel proprio io, senza capacità di relazioni sane. Di conseguenza, diventiamo incapaci di accogliere Dio. Come direbbe Heidegger, per ricevere il divino dobbiamo costruire una “casa degli ospiti”. (17).
Il dominio politico del cuore
Da qui la richiesta che “tutte le azioni siano poste sotto il “dominio politico” del cuore” (13)”. Affermazione davvero forte che si può leggere anche nell’ottica delle ricadute e delle conseguenze sociali del messaggio del papa “perché – scrive ancora Andrea Tornielli – il mondo, che sopravvive tra le guerre, gli squilibri socioeconomici, il consumismo e l’uso anti-umano della tecnologia «può cambiare a partire dal cuore”.
Pur senza entrare nel denso sviluppo teologico, scritturistico e spesso “mistico” del messaggio dell’enciclica non si può non notare che siamo di fronte ad una passaggio molto importante e significativo espresso con assoluta chiarezza al n. 21: “Il nucleo di ogni essere umano, il suo centro più intimo, non è il nucleo dell’anima ma dell’intera persona nella sua identità unica, che è di anima e corpo”.
Per molti secoli la teologia e il pensiero cristiano hanno concretamente e continuativamente svalutato il corpo e tutto ciò che ha a che fare con il corpo. La Dilexit nos chiude questa stagione dicotomica e chiede di entrare in una nuova logica che indica anche una un diverso fondamento per la stessa nostra individualità: “Vediamo così come nel cuore di ogni persona si produca questa paradossale connessione tra la valorizzazione di sé e l’apertura agli altri, tra l’incontro personalissimo con sé stessi e il dono di sé agli altri. Si diventa sé stessi solo quando si acquista la capacità di riconoscere l’altro, e si incontra con l’altro chi è in grado di riconoscere e accettare la propria identità”.(18)
Così, leggendo oggi pomeriggio l’Enciclica, non ho potuto non pensare ad un libro uscito recentissimamente e che si deve a Vittorio Galese e Ugo Morelli intitolato Cosa significa essere umani? Corpo, cervello e relazione per vivere nel presente (Cortina editore 2024). I due autori dicono che siamo di fronte ad una “rivoluzione copernicana”: passiamo infatti dal primato del soggetto alla scoperta della centralità della relazione e che l'”io” che pensavamo di essere deriva dai “noi” di cui siamo parte. E, in secondo luogo, finalmente oltre la centralità della mente riconosciamo di essere un corpo. Un cuore, direbbe papa Francesco.
Che tutto questo abbia conseguenze immediate anche nelle relazioni educative è evidente anche se l’enciclica non ne tratta direttamente. Del resto se “il cuore è capace di unificare e armonizzare la propria storia personale, che sembra frammentata in mille pezzi, ma dove tutto può avere un senso” (19) l’educazione del cuore è compito prioritario che non può ridursi certo ad un approccio solo razionalista o contenutistico. Ad esempio: “nell’era dell’intelligenza artificiale, non possiamo dimenticare che per salvare l’umano sono necessari la poesia e l’amore” (20).
Decisamente una prospettiva importante per chi vuole riflettere sull’educazione intesa come formazione integrale di ogni uomo e ogni donna.
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