Ancora una protesta forte contro la decisione del Governo, presa con l’ultima Legge di Bilancio, di chiudere o accorpare quasi 700 scuole autonome nei prossimi anni. Nei primi mesi dell’anno le Regioni Campania, Toscana , Puglia ed Emilia Romagna hanno deciso di rivolgersi alla Consulta, sentendosi scavalcate su decisioni per le quali dovrebbero perlomeno essere consultate. Ieri, 23 maggio, ha alzato la voce l’assessore all’Istruzione della Regione Sardegna, Andrea Biancareddu, che ha durante un confronto on line con il ministro Giuseppe Valditara e i rappresentanti delle altre Regioni ha detto che “se passa il decreto sul dimensionamento scolastico dovranno commissariarmi”, perché con queste nuove regole (con il Governo che impone i numeri di istituti e le Regioni costrette ad adeguarsi) una della provincia sarda sarà annessa anche a 40 Comuni: “per visitarli tutti, il dirigente scolastico incaricato dovrebbe fare il Tour de France”.
I deputati Pd: penalizzazione per studenti, famiglie, docenti e Ata
Il giorno dopo a prendere posizione, sempre fortemente contraria al dimensionamento della rete scolastica, sono stati i deputati toscani del Pd Marco Simiani, Emiliano Fossi, Simona Bonafè, Federico Gianassi, Christian Di Sanzo, Laura Boldrini e Marco Furfaro.
“Decine di scuole di ogni ordine e grado – dicono i parlamentari – verranno chiuse e accorpate anche in Toscana a causa delle norme presenti nella Legge di Bilancio 2023. Si tratta di scelte politiche precise volute e votate dalla Destra che riguardano città capoluogo, province ed aree interne: queste norme penalizzeranno studenti, famiglie, docenti e personale tecnico amministrativo, causando problemi logistici e didattici”.
Con chiusure e accorpamenti delle scuole, infatti, sarà inevitabile che salteranno posti di Ata, a partire dai Dsga, e di dirigenti scolastici.
I deputati dem chiedono di sapere quanti e quali istituti verranno realmente coinvolti dai tagli e per tale motivo hanno presentato una interrogazione parlamentare.
“Nelle aree interne la chiusura di alcune scuole potrebbe quindi causare, oltre a denigrare il diritto all’istruzione promosso dalla Costituzione, anche la perdita di decine di posti di lavoro tra collaboratori scolastici e amministrativi. Condividiamo pienamente la scelta della Regione Toscana di fare ricorso alla Corte Costituzionale contro questi tagli indiscriminati”, concludono i deputati Pd.
Manzi (Pd): si penalizzano Mezzogiorno e aree interne del Paese
L’atto è stato sottoscritto anche da Irene Manzi, responsabile Scuola della segreteria nazionale dello stesso PD.
“Ieri si è riunita la commissione competente della Conferenza Stato Regioni per esprimersi sullo schema di decreto relativo alla definizione del contingente organico di dirigenti scolastici e direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione per il triennio 2024-2027. La proposta ha visto in commissione il voto contrario delle regioni Campania, Emilia Romagna, Puglia, Sardegna e Toscana”.
“Purtroppo il decreto non fa che confermare le gravi conseguenze che la norma introdotta dalla legge di bilancio produrrà in termini di accorpamenti e tagli in numerose aree del nostro Paese”. Da qui la decisione delle quattro Regioni, prosegue Manzi, di presentare ricorso alla Consulta per “lesione delle competenze regionali in materia di istruzione e autonomia scolastica, denunciando i gravi rischi che le norme introdotte rischiano di produrre sul sistema di istruzione -soprattutto- nei territori più fragili”.
“Le norme in questione – continua la dem – individuano i parametri correttivi per determinare e ripartire i contingenti dei dirigenti scolastici, prevedendo una riduzione degli organici, costringendo ad accorpare numerosi istituti”.
“È un rischio molto grave- che penalizzerà regioni del Mezzogiorno ed aree interne del Paese- che abbiamo denunciato sin dall’approvazione della misura nella legge di bilancio. Sin dalla conversione della legge di bilancio ed anche ora nel decreto Pubblica Amministrazione abbiamo presentato proposte alternative per ridurre l’effetto di questa misura che penalizza la scuola, prevedendo criteri differenti e correttivi”. Secondo l’on. Irene Manzi, l’obiettivo è ora quello di “ridurre gli effetti devastanti di questa misura ingiusta e non necessaria”.