Secondo un calcolo riportato dal quotidiano “Domani”, il processo di accorpamento dei plessi scolastici, con la conseguente riduzione degli organi dirigenziali, collegiali e amministrativi degli istituti, avrebbe permesso un risparmio di 88 milioni nel corso di nove anni, meno di 10 milioni di euro l’anno, a fronte della soppressione di circa 700 dirigenze e relative segreterie, equivalente allo 0,02% sulle spese complessive per l’istruzione, che corrispondono, negli ultimi 10 anni, a circa 50 miliardi l’anno.
E in compenso quale risultati si stanno avendo? Nessuno, anzi, secondo il giornale, ci sono conseguenze che non si possono neanche confinare nell’ambito dell’istruzione, ma in tantissimi altri campi.
Inoltre, il processo di dimensionamento rende sempre più superficiale la conoscenza tra chi dirige gli interventi educativi e la progettualità in una scuola, il preside, e coloro sui quali quegli interventi ricadono, cioè gli alunni.
E ancora. Diventa più complesso il dialogo, oggi già delicato, tra famiglie e istituzione scolastica, interrompe la continuità dell’intervento educativo e di quello amministrativo, mentre premono numerosi progetti Pnrr la cui gestione è così complessa che o vengono abbandonati o viene richiesto l’intervento di professionisti privati.
Una scelta poco ponderata, quella del dimensionamento, perché oggi “in Italia la spesa media annua per alunno partendo dal ciclo primario d’istruzione fino a quello terziario è di 12.760 dollari, a fronte del livello medio dei Paesi dell’Ocse pari a 14.209”. Dunque sempre meno rispetto agli altri stati d’Europa.
E ancora, si discute di disagio giovanile, ma non si fanno i conti con scuole che da 600 alunni passano 1200, rendendo anche l’apprendimento e l’azione educativa sempre più difficili, mentre si accrescere la distanza tra chi dirige un istituto scolastico e chi lavora per mettere in atto i percorsi scelti dai docenti nei loro organi collegiali.
È noto infatti una scuola funziona meglio quando i numeri sono più bassi, quando la conoscenza degli allievi è profonda, quando finalmente gli alunni non sono numeri, e diventano soggetti attivi in un percorso che li vede protagonisti.
Infine, la scelta sull’abolizione di una dirigenza scolastica non può basarsi sul numero di studenti, ma se merita di continuare a operare in autonomia.
Dove, secondo Domani, il dimensionamento sta colpendo è nel Sud, nei piccoli centri, in tutti i territori dove si stanno verificando fenomeni che mettono in difficoltà l’azione di una scuola e dove cresce la presenza di minori stranieri: in questi contesti si pagheranno le conseguenze di tutto ciò nei prossimi decenni, mentre il governo non ascolta i richiami dei sindacati e delle stesse Regioni: “Nella disattenzione generale abbiamo tolto ancora risorse al nostro futuro”.
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