Il percorso che dovrebbe portare ad un nuovo dimensionamento delle istituzioni scolastiche è tutto in salita.
Ad essere contrarie al Piano del Governo non sono soltanto 3-4 regioni “irriducibili” (già abbiamo dato notizia delle proteste della Toscana e della Sardegna), ma persino regioni “amiche”.
Nel corso della Conferenza Unificata che si è svolta nella giornata del 24 maggio non si è riusciti a raggiungere l’intesa necessaria.
Stando alle informazioni in nostro possesso il MIM si sarebbe mostrato disponibile ad alcuna discussione sui criteri che sono stati definiti a monte (per la verità alcuni di questi non sono neppure contenuti nella legge ma nella relazione di accompagnamento).
Molto variegate le posizioni all’interno della Conferenza: alcune regioni sono contrarie in tutto e per tutto e hanno fatto anche ricorso alla corte costituzionale, altre avrebbero chiesto di capire i criteri applicati e, soprattutto, ha chiesto al MIM di poterli rivedere e ridiscutere.
Da quanto ne sappiamo ora, però, il Ministero si è mostrato molto fermo e del tutto indisponibile a qualsiasi interlocuzione.
In una propria nota la Giunta regionale della Toscana sostiene che queste norme sono “lesive delle competenze regionali in materia di istruzione e autonomia scolastica ex commi 3 e 6 dell’articolo 117 della Costituzione, nonché dei principi di cui agli articoli 5, 118 primo e secondo comma, e 120 della Carta, ovvero ciò che riguarda la leale collaborazione e sussidiarietà, il mancato rispetto delle procedure di coordinamento Stato-Regioni in materia di scuola e delle disposizioni che regolano l’esercizio del potere sostitutivo”.
“Le norme in questione – sottolinea la giunta regionale – individuano i parametri correttivi per determinare e ripartire i contingenti dei dirigenti scolastici, prevedendo una riduzione degli organici da parte dello Stato in modo unilaterale. Ciò costringerà ad accorpare numerosi istituti senza che la Regione possa intervenire. Si stabilisce infatti che lo Stato potrà esercitare il potere sostitutivo nel determinare la distribuzione tra Regioni dell’organico nel caso di mancato accordo entro il 31 maggio all’interno della Conferenza Unificata”.
Adesso però iniziano i problemi per il Governo perché la legge stabilisce che le Regioni debbano definire il proprio piano entro la fine di maggio; i piani dovranno poi essere recepiti a livello nazionale entro il 30 giugno con un decreto ministeriale.
La stessa legge prevede che in caso di inerzia da parte delle regioni, il Governo potrà comunque adottare il piano anche in assenza della proposta delle Regioni.
Ma, ovviamente, procedere in questo modo anche contro la volontà delle regioni dello stesso colore politico del Governo non sarà per nulla facile.
Nella tabella che segue sono contenuti i “numeri” complessivi ai quali le Regioni dovrebbe uniformarsi.