Sul piano di dimensionamento scolastico calabrese, predisposto a livello provinciale e poi recepito e applicato dalla Regione, interviene la Gilda degli Insegnanti con il Coordinatore della Regione Calabria Antonino Tindiglia, sostenendo che si è rivelato nei fatti un piano scellerato. Scombinando in modo maldestro “il concetto del numero 900”, pensato rispetto al rapporto della popolazione scolastica della regione Calabria, si sono verificate a livello provinciale situazioni assurde.
In alcune realtà calabresi, specifica l’esperto sindacalista Tindiglia, sono stati creati dei mega istituti con 1800 o 2000 allievi, smembrando in alcuni casi scuole che erano in crescita, come l’Istituto Comprensivo di Sant’Eufemia. Questo modo di procedere ha creato scuole addirittura con trenta plessi. Come è possibile gestirli? Mentre, al contrario, alcuni istituti sono stati, invece, lasciati con numeri davvero esigui. Tutto ciò ha fatto sì che all’interno di alcuni collegi dei docenti coesistano docenti della scuola dell’infanzia, della primaria, della secondaria di primo e di secondo grado, quindi collegi disomogenei che non hanno una base di programmazione comune.
Il Coordinatore della Gilda Calabria ritiene che sarebbe stato più serio e più equo predisporre un piano di dimensionamento con interventi mirati, tendenti ad ottimizzare la rete scolastica. Ora, io vado oltre e dico anche che questa dirigenza scolastica così com’ è non può funzionare. Un DS non può gestire duemila allievi, duecento e più docenti, cinquanta o sessanta unità di personale ATA, ritengo che occorrerebbe cambiare l’organizzazione complessiva della dirigenza. Non sarebbe più corretto pensare ad una organizzazione simile a quella universitaria con un dirigente rettore che amministra più scuole mentre ogni singola scuola si gestisce l’aspetto didattico attraverso una figura competente scelta dal collegio dei docenti?
Tindiglia si sofferma su un’altra questione fondamentale, cioè l’esigenza di ripensare la formazione del Dirigente Scolastico. La figura del DS è molto complessa. È difficilissimo che possa abbracciare tutte le competenze che gli si chiede di conoscere a fondo. Tra l’altro, manca un necessario periodo di formazione che permetta al docente diventato DS di capire come muoversi in un campo e un ruolo così difficile. Una volta i neo presidi compivano un percorso di otto mesi affiancati da un preside con esperienza, oggi fanno i “concorsi e i corsetti con le crocette” dopodiché vengono catapultati alla dirigenza. Dalla sera alla mattina si salta dall’altra parte del banco, talvolta disconoscendo completamente i colleghi, perché ora di è diventati DS.
In sostanza, non tutti i DS sono attrezzati per amministrare e gestire una realtà così complessa e invece lo dovrebbero essere tutti, perché un DS ha a che fare tra l’altro con i Pon, i Por, il PNRR, la sicurezza e soprattutto con la comunità educante e discente, con le famiglie, con la gestione di tutto il personale scolastico: docente ed ATA. Se il personale non lo sai gestire si creano conflitti continui e non si può pretendere che la scuola funzioni perfettamente se ci sono conflitti interni. Non basta dire io sono dirigente e qui comando io. Non ci si può chiudere in presidenza e non ricevere.
In tante realtà c’è uno stacco completo tra la classe docente e il dirigente scolastico e i suoi collaboratori, uno strappo che finisce per avvelenare “il clima” relazionale all’interno della scuola. La questione relazione e la gestione del personale è fondamentale. Il DS deve parlare con atti giuridici scritti, con decreti, circolari, non può negare, ad esempio, ad un docente o al personale ATA un diritto oralmente nel corridoio, oppure attraverso una comunicazione orale affidata al personale ATA, lo deve motivare per iscritto. Il DS non può gridare il personale nei corridoi minacciandolo di procedimenti disciplinari.
Sul fronte della conflittualità, talvolta questa scaturisce da una inappropriata interpretazione del ruolo attribuito ai collaboratori del Dirigente. È il caso di ricordare che il DS per contratto può nominare due collaboratori remunerandoli, in più la legge 107 gli permette di assegnarne il 10%, ma senza la possibilità di retribuzione. Ciò premesso, sappiamo che la normativa attuale non permette ai DS di delegare ufficialmente i collaboratori a svolgere le proprie mansioni e invece questo succede continuamente. Da qui si creano diversi conflitti. Talvolta alcuni collaboratori si vestono di un’autorità che va oltre il loro ruolo e impartiscono ai colleghi ordini che non possono dare, minacciando riservate o altro. Certe volte, ci sono addirittura, alcuni collaboratori che si prendono perfino il lusso di scavalcare i dirigenti stessi.
Un’ ultima annotazione sul delicato e complesso ruolo dei DS riguarda le relazioni sindacali. Non tutti i DS li sanno gestire e in alcuni casi non li vogliono gestire, eppure c’è tanto di contratto nel quale viene chiarito quanto devono fare, invece non danno informative, non forniscono documenti in tempo per poterli leggere e quindi per poter proporre delle correzioni. Talvolta fanno partecipare al tavolo persone che non sono autorizzate e l’intervento del sindacato viene vissuto quasi con fastidio, ebbene conclude Tindiglia non bisogna andare al tavolo per ostacolare, ma per cercare di collaborare, per far funzionare meglio la scuola e le relazioni all’interno di essa.
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