Dopo la Campania capitanata da Vincenzo De Luca anche la Toscana, guidata da Eugenio Giani, ha presentato un ricorso alla Corte Costituzionale contro gli accorpamenti degli istituti scolastici previsti dalla legge di bilancio a partire dal 2024-2025. A riportarlo sono le maggiori testate come La Repubblica e IlSole24Ore.
Contro la misura si è già mossa l’assessora all’istruzione Alessandra Nardini, che ha spinto molto per il ricorso e nei giorni scorsi ha incontrato il ministro Valditara spiegando tutta la contrarietà della Toscana al provvedimento. I sindacati sono sul piede di guerra.
“In Toscana una quarantina di scuole sono a rischio e questo comporterà anche un problema occupazionale” ha denunciato nei giorni scorsi la Flc Cgil. Secondo le stime del sindacato sarebbero almeno 200 posizioni a tremare tra addetti Ata (150) e docenti (50), di cui il 30% precari che non saranno ricollocati mentre il resto andranno incontro a trasferimenti forzati. “Non ci si può arrendere alla stima di 1,3 milioni di studenti in meno entro il 2034 a livello nazionale. Tanto più che così nasceranno plessi anche da 2.000 studenti magari in 4-5 Comuni diversi. Situazioni ingestibili”, così la sigla sindacale.
I contenuti della delibera sono stati illustrati oggi, martedì 14 febbraio, dal presidente della Regione Eugenio Giani e dall’assessora all’istruzione, formazione e lavoro Alessandra Nardini in una conferenza stampa. “Stimiamo un taglio di dirigenti in 40 unità”, ha affermato Giani, spiegando che “l’accorpamento di istituti pregiudica la stessa capacità di svolgere un servizio scolastico adeguato soprattutto nelle aree della Toscana diffusa, mettendo a rischio funzionalità ed efficienza”. “Con il ricorso vogliamo dire che la scuola pubblica non può essere penalizzata, ridimensionata, e considerata oggetto di tagli in un momento in cui invece abbiamo bisogno di offrire più qualità e qualità di servizio scolastico proprio nelle aree più interne, più disagiate, in cui abbiamo il rischio di spopolamento”.
“Il governo deve mettere soldi sulla scuola. Sulla legge di bilancio c’erano 35 miliardi, e allora perché le maggiori insufficienze le abbiamo viste proprio su scuola e sanità? Nella sanità sono stati indirizzati due miliardi, nella scuola ancora meno, e il risultato è questo”, ha concluso il presidente della Regione Toscana.
“Con il presidente Giani – ha detto l’assessora Nardini – abbiamo dichiarato fin da subito la nostra contrarietà verso questa scelta del Governo che penalizza la scuola, la quale invece di vedere forti investimenti, come sarebbe necessario e doveroso, è oggetto di tagli. La questione preoccupa sia per le implicazioni sulla qualità della didattica che sui livelli occupazionali, quindi bene hanno fatto i sindacati a far sentire la loro voce. Proprio nei giorni scorsi ho promosso un incontro con le categorie di Cgil, Cisl e Uil Toscana che seguono la scuola, Anci e Upi Toscana in rappresentanza di Comuni e Province”.
“Insieme ad altre colleghe e colleghi assessori regionali ci siamo sempre, in ogni sede, dagli incontri con il Ministero alla Commissione Istruzione della Conferenza delle Regioni, dichiarati contrari a questa scelta e ci siamo attivati con i nostri Presidenti per promuovere il ricorso. Ha già seguito questa strada la Campania e sono intenzionati a farlo anche Puglia ed Emilia Romagna. Mi auguro che, al netto del colore politico, anche altre Regioni seguano questa strada a tutela del proprio sistema scolastico. Con questa norma si tagliano autonomie scolastiche e si scarica sulle Regioni la responsabilità di questa scelta. Non è certo questa la flessibilità che volevamo per tutelare alcune situazioni particolari, così alle Regioni non resta che decidere dove tagliare. La scuola dovrebbe essere al centro dell’attenzione delle istituzioni a tutti i livelli, a maggior ragione dopo questi anni così difficili”, ha concluso.
Il provvedimento è contenuto nella legge di bilancio, all’articolo 99. Il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha risposto alle critiche parlando di una riduzione graduale nei prossimi dieci anni. “Si interverrà solo sulle strutture giuridiche, cioè sulle dirigenze scolastiche, non sulle strutture fisiche. I plessi attuali sono 40.466 e rimarranno 40.466. Gli studenti continueranno ad andare negli stessi luoghi fisici con gli stessi laboratori, le stesse aule, le stesse strutture”, ha spiegato il leghista.
Niente cambiamenti riguardanti gli edifici, quindi. A variare sarà il numero di scuole in quanto istituti giuridici. A diminuire invece, sarà il numero dei dirigenti “reggenti”, che si occupano di più scuole, con tutte le complessità del caso, che attualmente sono 957. Questo, a detta di Valditara, è un beneficio che porterà il dimensionamento. Il ministro, a quanto pare, punta a eliminare le reggenze.
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