Sul piano di dimensionamento scolastico previsto dall’art. 19 del D.L. n. 98/2011 (peraltro impugnato da molte Regioni “in quanto invasivo delle competenze regionali in materia di programmazione delle rete scolastica”), convertito in legge n. 111/2011, la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ha lanciato una proposta che, pur non prescindendo dagli obiettivi di risparmio del Miur, tenga conto dei seguenti criteri: il parametro numerico relativo al dimensionamento (1.000 alunni e 500 alunni per comuni montani, piccole isole o con specificità linguistica) deve intendersi come media regionale e non applicato al singolo istituto comprensivo; le direzioni didattiche e le scuole secondarie di 1° grado con almeno 1.000 alunni (o 500 alunni) potranno mantenere la loro autonomia, quando i motivi di aggregazione più che favorire la verticalizzazione dei percorsi e la continuità didattica risulti “una forzatura ‘quantitativa’ rispetto alle scelte e ai comportamenti delle famiglie e degli alunni”, tenendo anche conto delle “condizioni geografiche, socioeconomiche e alla ‘storia’ del territorio, nonché alla situazione dell’edilizia scolastica”; il piano di dimensionamento potrà essere realizzato nell’arco del triennio 2012-2015.
La proposta avanzata tende ad “assicurare l’operatività del sistema scolastico” e “garantire sia l’omogenea applicazione” della norma “nelle diverse realtà regionali che la necessaria sostenibilità”.
In particolare la Flc Cgil, commentando il documento della Conferenza delle Regioni, sottolinea che si tratta di “un primo passo significativo, seppur ancora non sufficiente, nella direzione da noi sostenuta e auspicata di una profonda revisione tanto dei tempi che dei criteri di applicazione della norma sul dimensionamento” e “l’attuazionedel piano su base triennale consente di rinviare scelte precipitose e di operare con il tempo necessario per elaborare proposte davvero rispondenti alle esigenze di funzionalità e qualità del sistema scolastico pubblico”.
Per la Flc “l’operazione tentata dal Miur è inaccettabile non solo sul piano procedurale ma lo è ancor di più sul piano sostanziale poiché il taglio indiscriminato di scuole risponde solo a una logica di risparmio economico che comporta un peggioramento diffuso della rete scolastica oltre che una riduzione ulteriore di posti di lavoro”.
Alla definizione delle proposte devono essere “adeguatamente coinvolti i diversi attori in campo ovvero gli enti locali, le organizzazioni sindacali e le scuole autonome per le quali va prevista una specifica rappresentanza” e il Miur non deve “procedere in materia di dimensionamento d’imperio e senza alcun confronto non solo con gli enti locali ma neanche con le scuole autonome e le parti sociali”.