Mentre sindacati di base e precari riempiono le piazze, un nuovo fronte di dissenso si apre nei confronti dei provvedimenti del Governo in materia scolastica.
Questa volta ad alzare la voce sono le Regioni, e non solo quelle del centro-sinistra come era facilmente prevedibile.
Oggetto del contendere il decreto legge 154, il cui esame è già stato avviato dalla Commissione Bilancio, e soprattutto la disposizione inserita nell’articolo 3 che prevede la nomina di un commissario ad acta per quelle regioni che non predisporranno i piani di dimensionamento della rete scolastica entro il prossimo 30 novembre.
” L’idea di commissariare le Regioni, se non applicheranno alla lettera le decisioni del Governo è una scelta incostituzionale e pericolosissima “ afferma per esempio il vice-presidente della regione Calabria Domenico Cersosimo che aggiunge: “La Costituzione, all’articolo 120, prevede il commissariamento delle Regioni solo per fatti gravissimi. Il Governo si vuole illegittimamente appropriare della competenza regionale sull’organizzazione scolastica”
La Regione Lazio, insieme con altre 5 Regioni (Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Marche, Puglia e Sardegna) intende invece fare ricorso alla Corte Costituzionale contro l’articolo 64 del decreto legge 112 “che – dichiara l’assessore Silvia Costa – lede le competenze regionali di programmazione scolastica oltre al principio della autonomia”. ”Tale articolo – sostiene la Costa – è in conflitto non solo con il titolo V della Costituzione ma anche con il Dpr 233 del 1998 che regola l’organizzazione della rete scolastica in funzione dell’attribuzione delle autonomie”. Anche se – a onor del vero – bisognerebbe ricordare che nel mese di luglio le Regioni presentarono le proprie proposte di modifica al DL limitandosi a richiedere che per l’applicazione della legge si procedesse, non già con regolamenti, ma con decreti legislativi. Né vennero formulate critiche particolarmente pesanti in merito alla entità dei tagli previsti dall’art. 64.
Ma dalle regioni del nord arrivano segnali poco rassicuranti nei confronti del Ministro e del Governo: ”Nelle solite” regioni, e cioè in quelle del centro sud – accusa il presidente della regione Veneto Galan – il dimensionamento delle scuole si è tradotto molto spesso in una operazione di semplice “fotografia” dell’ esistente; in sostanza, è stata in molti casi attribuita personalità giuridica autonoma a istituzioni scolastiche che non rientravano nei parametri di legge (500-900 alunni) con una moltiplicazione immotivata delle dirigenze scolastiche”.
E fa capire che questa volta le Regioni del nord non ci stanno a perdere scuole e insegnanti per consentire di ridurre i tagli nel centro-sud.
Anche dalla Sicilia arrivano segnali poco rassicuranti: nel corso della seduta della assemblea regionale dell’8 ottobre sono state approvate all’unanimità due mozioni contro i tagli previsti dal decreto legge 112, mentre la Giunta regionale ha già deciso di ricorrere alla Consulta. Il fatto paradossale è che la Sicilia è governata da Raffaele Lombardo, leader dell’Mpa, partito della coalizione di centro-destra che in Parlamento ha votato senza difficoltà, sia il decreto 112 sia il 137 ma che a Palermo – per bocca dell’onorevole Nicola Leanza – sostiene che della riforma Gelmini “non condivide quasi nulla”.