“Chi tiene i cordoni della borsa non si spaventa certo se un ministro dice che se ne va. Né ci si può sottrarre al dovere di ridurre il debito pubblico e mantenere il deficit sotto il 3%”. Rispondendo al Messaggero di Roma, Maria Stella Gelmini, l’ultima donna salita sul posto più importante del Miur prima di Maria Chiara Carrozza, commenta con una certa freddezza le minacce di dimissioni rivolte il 24 maggio dall’attuale responsabile del dicastero dell’Istruzione ai suoi colleghi di Governo per sferzarli nell’investire nella scuola.
Secondo la Gelmini, tornata a fare il politico a tempo pieno per il Pdl, “la coperta è stretta e la strada non è certo quella di aumentare le tasse. Razionalizzare la spesa non significa tagliare, ma liberare risorse per la qualità”. Il problema è che quel progetto non ha mai avuto seguito. E non per la mancanza dei soldi prefissati. “Noi creammo un fondo di 320 milioni per il merito dal 2010. Sa che fine ha fatto? Nell’emergenza è servito a pagare gli stipendi, cioè gli scatti d’anzianità degli insegnanti. Questa è la realtà del bilancio”.
Servirebbe davvero un esercito di insegnanti?”.
Servirebbe davvero un esercito di insegnanti?”.
Gelmini non crede, dunque, che minacciare le dimissioni possa portare a risultati concreti. “Per lealtà verso il premier io non ho mai minacciato le dimissioni, anche se tante volte ho alzato, e molto, la voce. Temo però che l’ultimatum sia una pistola scarica. E più che aumentare il numero di insegnanti, credo che si debba procedere lungo il percorso già tracciato: la razionalizzazione delle spese per finanziare la qualità e reimpostare il sistema educativo sulla base del merito”.
E ancora: “La verità viene sempre a galla. Il taglio è stato di 2 miliardi, circa il 4% su un totale di 53 miliardi di bilancio. Anch’io avevo con Tremonti tensioni molto forti. Diceva Berlinguer, mio predecessore, che tra Miur e Mef (Istruzione e Economia) c’è sempre stata dialettica se non conflittualità. Io mi ritrovo nelle parole del ministro Carrozza, ma non si può fare di tutta l’erba un fascio”.
Sull’edilizia scolastica l’ex titolare dell’Istruzione promette però all’attuale ministro che avrà il Pdl al suo fianco. E poi sottolinea: “Se il ministro chiede risorse per aumentare la qualità, per l’innovazione, sono d’accordo. Ma non credo che si debbano sovvenzionare gli sprechi. Ho visto troppi baroni scendere in piazza per difendere non gli studenti, ma i loro privilegi ventennali e le raccomandazioni. Io mi sono dovuta confrontare con un certo ambiente conservatore e anche un certo tipo di sindacato che ha avuto vita facile nel dare addosso alla Gelmini e bollare come tagli un processo di miglioramento, investimento e lotta alle spese inutili che ha evitato un’altra manovra. Questo sforzo io lo rivendico. Siamo riusciti per esempio a risparmiare 300 milioni per la pulizia delle scuole. Abbiamo liberato fondi cospicui per creare e informatizzare l’anagrafe dei rischi edilizi. La cosa peggiore è che le lentezze burocratiche hanno poi minacciato di non farci spendere quei soldi. Insomma, tutto il mio appoggio al ministro Carrozza purché non faccia marcia indietro sulle riforme avviate”.
La Gelmini difende quindi strenuamente il suo operato. A anche sul fronte dei docenti, la posizione della Gelmini rimane sempre la stessa: “la logica di sinistra dell’aumento ha portato alla proletarizzazione degli insegnanti italiani, che sono i meno pagati d’Europa, non hanno una vera carriera e non vedono riconosciuti i loro meriti. Da noi si va avanti solo per automatismi. Se oggi abbiamo una scuola appiattita, falsamente egualitaria, dove si spende più nella spesa corrente che nella qualità, la responsabilità è anche di un certo sindacalismo estremo. Il tema è che si sono vendute illusioni, posti che si sono trasformati non in posti di ruolo ma in posti di attesa in graduatorie infinite. Dobbiamo invece calibrare il numero di insegnanti sul fabbisogno effettivo, cioè sul numero di alunni”.
Ora, considerando che il Governo è tenuto in piedi anche dal Pdl, le parole della Gelmini non potranno di certo essere ignorate dalla Carrozza. Un problema in più per chi è stato a designato per gestire le sorti dell’istruzione italiana.