Dipendenti PA: 3,50 euro d’aumento, al Senato stipendi da 27.885 euro

L’elemosina di 3,50 euro al mese di aumento agli impiegati statali compresi insegnanti e personale non docente? Ma andiamo con ordine…

Il Sole 24 ore ha calcolato l’aumento lordo che ciascun dipendente pubblico (compreso insegnanti e personale non docente) percepirà nel prossimo rinnovo contrattuale. Si tratta di 100 euro. Dai cento euro bisogna togliere 33 euro di contributi e dell’Irap che gravano sull’Ente. 

Rimangono 67 euro che devono essere divise in 13 mensilità annuali e a questo punto sono 5 euro al mese. Da questa cifra bisogna togliere le trattenute erariali e in tasca avremo netti da 3,50 a 3,75 euro mensili. 

Ecco perchè accade…

Dal 1993 (col Dl.vo 29) è stato imposto in modo vergognoso un tetto agli stipendi . Sono vietati per legge aumenti superiori all’inflazione programmata. Per questo, col passaggio dalla lira all’euro, avemmo un rinnovo del 2% a fronte del dato Istat al 6% e di un aumento dei prezzi al consumo pari al 50%.

Per questo, dal 1995 (quando da biennali gli scatti divennero gradoni di 6 e 7 anni) ci siamo ‘autofinanziati’ tutti i contratti, senza i quali, se avessimo conservato anche solo gli scatti precedenti, avremmo uno stipendio ben più alto, ed abbiamo avuto ‘aumenti’ sempre sotto l’inflazione dichiarata (dato Istat) e reale (incremento vero del costo della vita) e non potremo MAI neppure avvicinarci alla media retributiva europea, ove siamo (stando ai costi standard) all’ultimo posto, persino sotto Grecia e Portogallo.

La Scuola è divenuta la ‘Cenerentola’ nel calderone indistinto del pubblico impiego, ove la laurea, quando è titolo d’ingresso, frutta uno stipendio iniziale di almeno 1.550 euro, non di 1.300. O si esce dal pubblico impiego e dal campo di vigenza del DL.vo 29/1993, o risulta persino ridicolo parlare di stipendi (…europei).

I sindacati tradizionali, ‘pronta-firma’, sono stati complici di tutti i governi in quest’operazione di distruzione delle retribuzioni. Hanno sottoscritto per un trentennio contratti ridicoli dopo che gli scatti d’anzianità sono stati vietati dal Dlvo 29/93, da loro concordato all’epoca con il Governo Amato nei famosi accordi sul costo del lavoro. Il ‘congelamento’ degli automatismi d’anzianità, la manfrina della parziale ‘restituzione’ con la truffa della ‘presa dal mucchio’ del fondo di istituto, oggi così ridotto da impedire la retribuzione degli straordinari del personale ata e delle ore dei progetti dei docenti, vengono da lontano ed hanno origini sulle quali tutti tacciono. La verità che nessuno dice è che nelle leggi finanziarie, da molti anni, non si possono stanziare fondi per gli scatti.

Mentre il pubblico impiego avrà tre euro e 50 in tasca (un pacchetto di caramelle e un euro per il carrello della spesa) in Italia si continua a pagare stipendi da dirigenti a persone che hanno pari livello retributivo di un collaboratore scolastico, di un assistente amministrativo. L’Italia è il paese delle caste… Queste “strane” incongruenze di chi a parità di livello lavorativo prende molto di più le ha scovate il giornalista Paolo Bracalini de “Il Giornale”:

“Partiamo dal grado più basso, la «fascia di assistenza tecnico-operativa», cioè i commessi, o i famosi barbieri. Appena arrivati hanno un lordo di 2.482 euro al Senato e 2.338 euro alla Camera. Ma dopo soltanto 12 mesi, per contratto, scattano rispettivamente a 2.659 euro e 3.199, e ogni anno guadagnano di più, inesorabilmente, recessione o non recessione, crisi o non crisi. Con 40 anni di anzianità l’ultimo stipendio dell’usciere è di 10.477 euro lordi mensili (aumentato del 400% rispetto inizio carriera), che moltiplicati per 15 mesi fanno 157.500 euro all’anno, come un dirigente di una grossa azienda.

La fascia successiva, quella della «Assistenza amministrative» (le segretarie che fanno le fotocopie e mandano le convocazioni delle commissioni), che partono appena assunti da 3.048 euro al mese e finiscono la carriera con 12.627 euro mensili al Senato e 11.949 alla Camera. Poi ci sono i funzionari, che partono da 3.700 come neoassunti e finiscono a 17mila euro, fino ai dirigenti, che progrediscono da 5.593 a 27.885 euro mensili. Quando la Corte costituzionale ha bocciato il taglio del 5% sugli stipendi pubblici oltre i 90mila euro, i dipendenti del Senato hanno fatto ricorso. E Palazzo Madama ha dovuto sborsare 2,2 milioni sull’unghia per risarcirli. Mentre le casse pubbliche andavano, e vanno, a picco”.

Purtroppo non è uno scherzo di carnevale…

 

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