La scuola rimane uno dei pochi settori del pubblico impiego dove c’è spazio per trovare un posto di lavoro: scorrendo i dati del dell’ultimo conto annuale del Pubblico impiego della Ragioneria generale dello Stato, si ravvisa infatti un sostanziale “declino del posto fisso”, con una riduzione negli ultimi anni di ben 40 mila dipendenti ministeriali. E nei Comuni va ancora peggio, considerando che, sempre secondo le indicazioni del Tesoro, la perdita è stata di oltre 60 mila addetti.
Il problema è anche che fare il lavoratore “statale”, a causa degli stipendi modesti e delle difficoltà a fare carriera, non sembra nemmeno più un’ambizione: sempre secondo la Ragioneria pubblica, sono molti i concorsi che risultato “disertati”. Anche se non mancano le eccezioni, come Inps e Fisco, dove le retribuzioni sono mediamente più alte. Certo, sono previste circa 170 mila assunzioni l’anno, ma poi a ben vedere copriranno a mala pena il turn over.
Fa eccezione, dicevamo, anche il settore dell’Istruzione, dove i concorsi continuano ad essere presi d’assalto e anche le graduatorie dei precari (basti pensare alle Gps, dove dopo l’ultimo aggiornamento erano iscritti quasi mezzo milione di supplenti) negli ultimi anni complessivamente il personale è passato da poco più di un milione a quasi 1,2 milioni di dipendenti.
“Il problema – ha commentato Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – è che circa un quarto delle assunzioni fatte nel settore scolastico continuano ad essere a tempo determinato: è questa la vera anomalia, non la quantità di contratti sottoscritti”.
Va anche detto che nella scuola i posti sono aumentati principalmente a causa dell’incremento degli alunni disabili, con conseguente incremento delle cattedre di sostegno. Le cattedre comuni, invece, sono rimaste sostanzialmente immutate: un obiettivo, tra l’altro, tutt’altro che scontato considerando che a seguito della riduzione del tasso demografico solo nell’ultimo lustro abbiamo assistito alla perdita di circa mezzo milione di alunni.
Se si considerano gli altri ministeri, vi sono anche altre indicazioni poco attese. Come la presenza di più impiegati al Nord che nel Meridione: al Sud, ad esempio, nei municipi lavorano 5,34 persone ogni mille abitanti, nel Settentrione sono 5,83.
Anche l’età media dei pubblici dipendenti fa pensare: i dati ufficiali dicono che si attesta attorno ai 50 anni d’età. Pensare che con la Legge Fornero che si sta imponendo in modo sempre più radicale, la politica del “largo ai giovani” appare sempre più una chimera.
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