Si assottigliano le risorse destinate alla formazione dei dipendenti pubblici. A sostenerlo, attraverso un dettagliato rapporto annuale, è la Scuola superiore della Pa (Sspa), presieduta da Giovanni Tria. Nel dettaglio, spiega il dossier della Sspa, la sforbiciata, operata a partire da un dl del 2010, ha interessato tutti i diversi livelli di comparti pubblici, da quelli locali ai ministeri centrali. Con riduzioni di oltre il 50% per i Comuni e le Province.
“Se si guarda ai dati di consuntivo 2011, nonostante il ricorso a fondi europei e l’impiego di somme stanziate in precedenza ma non ancora utilizzate, la flessione della spesa formativa per dipendente rispetto al 2010 – viene evidenziato – si riscontra ovunque: in misura minore nelle Amministrazioni centrali (-17,8%) e nelle Regioni (-39,1%), ma in modo assai più incisivo nelle Camere di commercio (-60,1%), nelle Province (-62,9%) e nei Comuni (-56,7%)”.
Il rapporto precisa come “nell’insieme delle amministrazioni censite, la spesa per le attività formative è scesa allo 0,43% della massa salariale dallo 0,61% dell’anno precedente, con una contrazione del 30%, mitigata rispetto al dettato normativo solo dall’utilizzo di fondi stanziati negli anni precedenti o di provenienza comunitaria”.
Entrando nello specifico, “il taglio delle risorse ha comportato, rispetto al 2010, una riduzione del 9,6% del numero degli interventi formativi realizzati e una contrazione del 3,9% delle partecipazioni per dipendente”. Alla presentazione del rapporto è intervenuto il ministro della Pa, Gianpiero D’Alia, che, a margine, ha parlato anche di come “armonizzare il lavoro pubblico e quello privato”. A riguardo ha ricordato come ci sia una discussione in corso con i sindacati. Il tentativo, ha sottolineato “é omogenizzare i due sistemi, valutando bene, però, le procedure”.
Il punto per D’Alia “non è il licenziamento, ma il reclutamento efficace del personale, nonché la flessibilità, considerando che le forme di flessibilità che servono nel pubblico non sempre coincidono con quelle del privato”.
Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir per le alte professionalità, “con il passare dei mesi il processo peggiorativo delle condizioni lavorative dei dipendenti pubblici diventa sempre più evidente: anziché puntare su azioni di rafforzamento di educazione permanente e di aggiornamento ‘in progress’, come da tempo indica anche l’Ue, l’Italia si mette in evidenza per la mancata formazione dei suoi lavoratori statali. Una ‘performance’ che si va ad aggiungere, tra l’altro, al sostanzioso taglio agli organici, in particolare nella scuola dove in pochi anni sono stati cancellati 200 mila posti tra docenti e Ata, ed al congelamento dei contratti avviato a partire dal 2010”. Pacifico ritiene inaccettabile, inoltre, il divario sempre più crescente che si sta determinando rispetto ai lavoratori privati (dove la formazione rimane un passaggio fondamentale per reggere l’urto della competitività.
Il sindacalista, infine, non giustifica la mancata formazione del personale con la scarsità di soldi a disposizione delle amministrazioni pubbliche: “dove sono finiti i fondi che annualmente lo Stato dovrebbe spendere per la pubblica amministrazione?” E ancora: che fine hanno fatto “i finanziamenti di provenienza comunitaria annualmente stanziati per questo preciso obiettivo. Il nuovo Governo faccia chiarezza al più presto: ci sono oltre 3 milioni di dipendenti pubblici che meritano risposte”.