Partiamo da un dato di fatto: delle persone, da alcuni giorni, stanno portando avanti uno sciopero della fame alle porte del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) al grido (simbolico) di #DMinGAE, #lamaestranonsitocca, #scioperodellafame, #presidiopermanente, #riaprirelegae, eccetera.
Ciò è il culmine di una poderosa campagna mediatica portata avanti per chiedere un intervento legislativo che vada ad annullare ciò che è stato deciso dal massimo organo della Giustizia Amministrativa (Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria, Sentenza n. 11/2017). Si chiede, in altre parole, che venga meno la scissione dei tre poteri fondamentali dello Stato (Legislativo, Giudiziario ed Esecutivo) ottenuta dopo un famoso ventennio che l’Italia avrebbe dovuto lasciarsi alle spalle.
Andiamo per gradi. Si definiscono #DM (Diplomati Magistrali) aggiungendo alcune volte la parola “Abilitati” ma in realtà gli unici “colpiti” dalla predetta sentenza sono coloro i quali vorrebbero avere accesso alle cosiddette Graduatorie ad Esaurimento (GaE) puntando sul possesso del solo Diploma Magistrale conseguito entro l’Anno Scolastico 2001/2002.
La Legge, però, è chiara nel dire che quel Diploma Magistrale è titolo di studio idoneo a consentire la partecipazione alle sessioni di abilitazione all’insegnamento o ai concorsi per titoli ed esami a posti di insegnamento, ma di per sé non consente l’immediato accesso ai ruoli. (D. M. 341/1990, D.Lgs. 297/1994, d.P.R. 323/1998).
Per avere diritto ad essere immessi in GaE, infatti, i diplomati magistrale che oggi scioperano avrebbero dovuto usufruire di una delle possibilità che la Legge aveva messo loro a disposizione così come hanno fatto oltre 34mila loro colleghi (perché idonei a precedenti concorsi per esami e titoli, perché abilitati attraverso i corsi riservati previsti dal D.L. 97/2004, perché hanno partecipato alle sessioni riservate del 1999 o perché in possesso di altri titoli quali ad esempio la Laurea in Scienza della Formazione Primaria). I docenti che oggi scioperano, invece, pur non avendo fatto nulla al contrario dei loro colleghi che la Legge l’hanno rispettata, oggi vorrebbero avere gli stessi diritti di questi ultimi. Assurdo.
Sapendo di non avere alcuna possibilità in campo Giudiziario hanno ben pensato di smuovere l’opinione pubblica sperando che il Legislatore entri a gamba tesa in un ambito che non è assolutamente di sua competenza.
Ma cosa fanno di male? Prima di tutto parlano di “licenziamento di massa” offendendo in questo modo chi un vero licenziamento collettivo lo sta subendo (pensiamo ad esempio ai lavoratori della Colussi, della Novelli, della Perugina, eccetera).
Il termine è assolutamente fuori luogo. Agli occhi di chi ignora la faccenda nel suo insieme sembrerebbe quasi che il MIUR abbia deciso all’improvviso di licenziare i diplomati con i quali aveva liberamente stipulato dei contratti di lavoro. Non è così.
Il MIUR quei contratti non li voleva stipulare essendosi sempre battuto in sede Giudiziaria contro i ricorsi presentati dai DM. Oggi, semplicemente, la Giustizia ha dato ragione al MIUR. È stato appurato, in altre parole, che quei contratti non dovevano essere stipulati e quindi si dovrebbe semplicemente auspicare che la Legge venga rispettata con conseguente interruzione di quei contratti sottoscritti per un ordine giudiziario. I diplomati magistrale che oggi scioperano, però, sperano che la Legge possa essere cambiata per avallare i loro interessi. Dopo aver presentato ricorsi, appelli, eccetera che sono sfociati nella Sentenza del Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria n. 11/2017, capendo che non c’è modo di attaccarla da un punto di vista logico-giuridico, si ergono a conoscitori del Processo Amministrativo migliori del massimo organo in fatto di Giustizia Amministrativa.
Affermano che l’Adunanza Plenaria (AP) non doveva avere luogo perché fino a quel momento le sentenze erano tutte univoche nel riconoscere un diritto che poi l’AP ha dichiarato inesistente. Ciò è palesemente falso. Si trattava di “cautelari” i quali vengono emessi in attesa che la questione venga approfondita e decisa nel merito (in altre parole è stato un qualcosa fatto a loro tutela mentre veniva presa la decisione finale) e non di sentenze. A sentirli sembrerebbe che siano stati illusi, usati e poi messi da parte quando invece hanno sempre saputo che prima o poi la Giustizia avrebbe fatto il suo corso.
Essendo le cose estremamente chiare, però, i diplomati che oggi scioperano si superano affermando che trattasi di sentenza politicizzata o comunque viziata. Come e perché? Dimenticando che la decisione è stata presa a seguito di una Camera di Consiglio cui hanno partecipato ben 9 Magistrati, ne tirano in ballo due: il Presidente del Consiglio di Stato perché nominato dal PD (in realtà è nominato dal Consiglio dei Ministri, ndr) ed il Consigliere Bellomo il quale, perché indagato per questioni che non c’entrano nulla con la faccenda.
Alessandra Michieletto/Insegnanti Uniti nel merito