La vicenda diplomati magistrali è giunta ad un punto molto importante: infatti, come abbiamo scritto in precedenza, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha dichiarato nuovamente inammissibile l’inserimento dei docenti con diploma magistrale nelle Graduatorie ad esaurimento. Adesso il destino di migliaia di maestri è nelle mani della Corte di Cassazione, che si è riunita a porte chiuse lo scorso 12 marzo, ma che ancora non ha reso pubblico il verdetto.
Diplomati magistrali: si attende la Cassazione
Avverso la sentenza dell’Adunanza plenaria del 20.12.2017 era stato infatti proposto un ricorso innanzi le Sezioni unite della Corte di Cassazione, essendosi rilevato un eccesso di potere giurisdizionale da parte del Consiglio di Stato.
Come abbiamo avuto modo di riferire anche in altri articoli, a pesare sulla vicenda c’è senza dubbio la mancata presa di posizione da parte della politica, del tutto colpevolmente assente sino ad ora.
Il concorso straordinario infanzia e primaria previsto dal decreto dignità resta comunque una misura non soddisfacente in raffronto alla platea di interessati. Per non contare il fatto che le assunzioni dei vincitori del concorso straordinario potrebbero restare parcheggiati per un po’ di tempo in graduatoria.
adesso, in caso di esito negativo anche in Cassazione, le ricadute occupazionali saranno veramente drammatiche per migliaia di famiglie.
C’è comunque un piccolo lumicino di speranza che il verdetto possa essere positivo. In tal caso la situazione, anche se non maniera repentina e drastica, potrebbe assumere certamente contorni migliori degli attuali.
Diplomati magistrali: i motivi del no della Plenaria
I punti cardine della nuova pronuncia del Consiglio di Stato sono quattro:
– i decreti di aggiornamento delle graduatorie (in particolare del d.m. n. 235 del 2014), non hanno natura normativa né possono qualificarsi quale atto amministrativo generale; rivolgendosi a destinatari già noti al momento dell’adozione, ovvero tutti coloro e solo coloro che sono già inseriti nelle GAE, i decreti di aggiornamento sono quindi atti amministrativi che si rivolgono ad un gruppo delimitato di soggetti, qualificabili quindi quali atti amministrativi “collettivi”;
– conseguenza della predetta natura dei DM di aggiornamento è che l’annullamento del DM 235/2014 disposto dal Consiglio di Stato con sentenza 1973/2015, non può avere efficacia generale (“erga omnes”), bensì limitata ai soli ricorrenti;
– il diploma magistrale conseguito entro l’a.s. 2001/2002 non ha valore abilitante, in quanto allo stesso viene riconosciuto valore legale solo in via “strumentale”, nel senso, di consentire a coloro che lo hanno conseguito di partecipare alle sessioni di abilitazioni o ai concorsi pur se privi del diploma di laurea in scienze della formazione;
– non è invocabile l’istituto del “prospective overruling”, ossia la possibilità di applicare i principi enunciati nella sentenza 11/2017 ai soli ricorsi depositati dopo il 20.12.2017.
Quattro argomenti, quelli utilizzati dall’Adunanza plenaria, che potrebbero chiudere la partita, sebbene il prossimo 12 maggio saranno chiamate anche le Sezioni unite della Corte di Cassazione ad esprimersi sul caso.
La Corte Costituzionale deciderà sui concorsi riservati
Le notizie in merito ai diplomati magistrali non si esauriranno con la Cassazione: il prossimo 7 maggio, infatti, la Corte costituzionale si pronuncerà sul concorso riservato agli abilitati della scuola secondaria svolto nel 2018, sui cui pendono dubbi di incostituzionalità. Se la pronuncia dovesse confermare tali dubbi, sarà automatico pensare di estendere illegittimità anche per il concorso straordinario infanzia e primaria, procedura riservata proposta dal Governo proprio per risolvere la questione diplomati magistrale.
Le ricadute di tale sentenza, potrebbero quindi aversi anche per i docenti con diploma magistrale che hanno deciso di partecipare al concorso riservato e, soprattutto, quelli che non hanno potuto partecipare perché sprovvisti di tutti i requisiti, come quello del servizio svolto esclusivamente nelle scuole statali, che ha lasciato fuori dalla procedura molti insegnanti con servizio precedente nelle paritarie.